Morire di fame a Gaza
“Siamo costretti a mangiare un pasto al giorno, i prodotti in scatola che riceviamo dalle organizzazioni umanitarie. Nessuno può permettersi di comprare niente per la sua famiglia. Vedo i bambini piangere per la fame, compresi i miei figli. Non possiamo dirgli che non c’è niente da mangiare. Questa è una guerra di fame e di trasferimento forzato”. È la testimonianza di Salem al Murr, 35 anni e tre figli, fuggito dalla città di Gaza all’inizio dell’operazione militare israeliana con la famiglia e rifugiato dopo vari spostamenti in una tenda al confine con l’Egitto. È stata raccolta su +972 Magazine da Ruwaida Kamal Amer, giornalista freelance di Khan Yunis che da mesi fa sentire al mondo le voci degli abitanti della Striscia di Gaza.
Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli allarmi legati a una catastrofica mancanza di cibo o addirittura a una carestia nella Striscia di Gaza, dove i morti sono 27.708. Il 31 gennaio Michael Ryan, direttore del programma per le emergenze dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha avvertito che la popolazione di Gaza “sta morendo di fame” a causa dei limiti imposti alla distribuzione degli aiuti umanitari. Secondo un rapporto pubblicato a gennaio dall’Integrated food security phase classification (Ipc, una scala globale per valutare la gravità delle crisi alimentari), la popolazione di Gaza si trova in una situazione di grave insicurezza alimentare, definita come “crisi o peggio”. Già a dicembre il comitato dell’Ipc, formato da un gruppo di esperti indipendenti, aveva avvertito che l’intero territorio palestinese è in una condizione di “emergenza” (la fase 4 su una scala di 5). Ma molte zone sono nella fase “catastrofe” e a febbraio potrebbero raggiungere quella di “carestia”, entrambe all’apice della scala.
In un articolo sul Guardian Alex de Waal, direttore della World peace foundation all’università Tufts, negli Stati Uniti, e autore del libro Mass starvation: the history and future of famine, denuncia che se Israele non cambierà strada potrebbe essere legalmente colpevole di una “carestia di massa” a Gaza. De Waal sottolinea che gli esperti non hanno mai visto una “così ampia proporzione di popolazione scendere tanto rapidamente verso la catastrofe”. Da quando l’Ipc è stata adottata vent’anni fa ci sono state gravi emergenze umanitarie in varie parti del mondo: Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Yemen, la regione del Tigrai in Etiopia e il nordest della Nigeria. Ma rispetto a Gaza queste emergenze si sono sviluppate molto più lentamente e hanno riguardato popolazioni più numerose e zone più ampie. Sono morte centinaia di migliaia di persone, anche se in nessun caso è stata dichiarata una carestia.
Un disastro umanitario come quello in corso a Gaza è come “un treno merci in corsa”, scrive De Waal: “Anche se il macchinista frena, a causa dello slancio ci vorranno molti chilometri prima che si fermi. I bambini palestinesi a Gaza moriranno, a migliaia, anche se i limiti agli aiuti umanitari fossero eliminati oggi”. Morire di fame è un processo: “La carestia può essere il risultato finale, a meno che non ci si fermi in tempo”.
Alcuni abitanti hanno raccontato alla Cnn che nel nord della Striscia le persone “mangiano erba” e bevono acqua contaminata per sopravvivere. Quando i camion di aiuti riescono a raggiungere il territorio, le persone saltano le une sulle altre per accaparrarsi qualcosa e i bambini litigano tra loro per un tozzo di pane. La malnutrizione indebolisce i sistemi immunitari e rende le persone più vulnerabili alle malattie diffuse dalla mancanza di acqua pulita e di servizi igienici. I casi di diarrea tra i minori di cinque anni sono aumentati del duemila per cento dal 7 ottobre, ha fatto sapere l’Unicef. I bambini che sopravviveranno alla fame avranno una vita segnata dai problemi sanitari, come ritardi nella crescita e deficit cognitivi.
Le condizioni sanitarie sono drammatiche soprattutto negli accampamenti allestiti nel sud del paese per accogliere le persone fuggite dal nord all’inizio delle operazioni militari. Le immagini satellitari pubblicate dalla Bbc mostrano che le nuove tende montate vicino al confine con l’Egitto tra l’inizio di dicembre e metà gennaio coprono un’area di circa 3,5 chilometri quadrati. L’analisi della Bbc rivela anche che più di metà degli edifici della Striscia sono stati danneggiati o distrutti e che, dall’inizio di dicembre, i bombardamenti si sono concentrati soprattutto nel sud e nel centro del territorio. Intere zone residenziali sono state ridotte in macerie, strade piene di negozi sventrate, terreni agricoli devastati e perfino moschee e università sono state fatte saltare in aria, come dimostra questo video diffuso sui social network in cui si vede l’esplosione azionata a distanza dell’università Israa, nel nord della Striscia.
Secondo le immagini satellitari, interi quartieri sono stati cancellati, tra cui Al Karama, nel nord della città di Gaza, il campo profughi di Jabalya e Beit Hanun, nel nord del territorio. Un’indagine del Washington Post indica che 37mila edifici sono stati danneggiati e diecimila completamente distrutti. Tra questi ci sono 350 scuole e 170 luoghi di culto, aggiunge Haaretz che in un approfondimento parla di “domicidio” per riferirsi alla “deliberata e sistematica distruzione di abitazioni e infrastrutture di base in modo da renderle inabitabili”.
In un’altra esclusiva Haaretz denuncia che nelle ultime settimane i soldati israeliani hanno cominciato ad appiccare il fuoco a centinaia di edifici nella Striscia di Gaza: “Originariamente riservata a casi specifici, la pratica è diventata sempre più diffusa man mano che la guerra prosegue”.
Alcuni militari raccontano le loro imprese sui social network. Uno di loro ha scritto: “Ogni giorno un plotone diverso compie delle incursioni nelle case di una zona. Le case sono distrutte, occupate. Poi si perquisiscono a fondo. Dentro i divani. Dietro agli armadi. Armi, informazioni, ingressi dei tunnel e lanciarazzi. Cerchiamo tutte queste cose. Alla fine la casa è data alle fiamme, con tutto quello che c’è dentro”.
Ancora da Haaretz (in ebraico) un’infografica davvero impressionante basata su immagini satellitari, foto, video e ricostruzioni mostra la distruzione su ampia scala compiuta dall’esercito israeliano in tutta la Striscia di Gaza. “La nuova realtà condizionerà l’intera regione per anni a venire”.
Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.
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