Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media di 1,45 gradi superiore a quella del periodo preindustriale (1850-1990). L’anomalia è stata più grande di quanto previsto dai modelli climatologici, e non può essere interamente spiegata dagli effetti del cambiamento climatico dovuto alle emissioni di gas serra e del fenomeno meteorologico detto El Niño.
Per mesi gli scienziati si sono chiesti cosa abbia provocato i circa 0,2 gradi di riscaldamento supplementari, e ora potrebbero aver trovato la risposta. Secondo uno studio dei dati satellitari pubblicato su Science, infatti, nel 2023 l’albedo della Terra – cioè la capacità del pianeta di riflettere la luce del Sole verso lo spazio, limitando l’assorbimento di calore – è crollata ai livelli più bassi di sempre.
Ciclo di retroazione
L’albedo si riduce dagli anni settanta a causa dello scioglimento dei ghiacci polari, ma il calo dei mesi scorsi è dovuto soprattutto a una forte diminuzione delle nuvole a bassa quota. Il fenomeno è stato particolarmente evidente sull’oceano Atlantico, che ha registrato alcune delle anomalie termiche più nette.
Ora gli scienziati si interrogano sul motivo della scomparsa delle nuvole. Tra le possibili spiegazioni ci sono la variabilità naturale, il calo degli aerosol dovuti all’inquinamento atmosferico, che favoriscono la formazione delle nubi, e gli effetti del cambiamento climatico.
Se quest’ultima ipotesi fosse confermata, il fenomeno potrebbe aggravarsi nei prossimi anni, innescando un ciclo di retroazione che alimenterebbe il riscaldamento.
Questo testo è tratto dalla newsletter Pianeta
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