Situato a Sirte, città costiera della Libia centrale, il centro congressi Ouagadougou è un importante punto di riferimento, omaggio del defunto dittatore Muammar Gheddafi alla sua città d’origine. Come la città, anche l’edificio ha subìto danni considerevoli ed è passato di mano in mano dopo il 2011. Nel 2015 era stato occupato dal gruppo Stato islamico in Libia, che aveva preso il controllo di Sirte. I jihadisti sono rimasti al potere fino al 2016, quando una coalizione di combattenti delle città libiche occidentali fedele al governo di accordo nazionale e sostenuta dagli Stati Uniti aveva lanciato l’operazione Al bunyan al marsous contro le loro roccaforti a Sirte, riuscendo a cacciarli dopo una guerra lunga e sanguinosa.
Data la sua storia complicata, il centro congressi Ouagadougou è stato il luogo più adatto a ospitare il voto di fiducia sulla proposta di governo di unità nazionale del primo ministro ad interim della Libia, Abdul Hamid Dbeibah. Rivolgendosi agli esponenti del parlamento libico da tempo diviso che si erano radunati nella sala, il 9 marzo 2021 Dbeibah ha cominciato invocando la grazia di Dio per i martiri di Al bunyan al marsous, morti per liberare la città dai jihadisti. Come ha dimostrato il loro silenzio, ai rappresentanti dell’assemblea non importava un gran che, mentre invece hanno esultato in coro quando Dbeibah ha ricordato di essere stato lui a sovrintendere la costruzione del centro congressi. Questi piccoli trascurabili dettagli potrebbero dire molto su cosa aspettarsi dal nuovo governo.
A suon di mazzette
Stephanie Williams, rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia, ha selezionato 75 libici dopo un farsesco giro di colloqui online e ha stabilito che queste 75 persone avrebbero rappresentato il popolo libico e deciso il futuro del paese votando per un nuovo governo di unità nazionale. Con una certa sorpresa – anche per lei, immagino – Abdul Hamid Dbeibah è stato eletto a Ginevra insieme a un consiglio presidenziale composto da tre uomini, dopo che la sua lista aveva vinto contro i rivali favoriti per 39 voti contro 34.
Secondo un’inchiesta delle Nazioni Unite arrivata all’Afp, il primo ministro libico ad interim avrebbe vinto le elezioni a suon di mazzette: alcuni dei suoi sostenitori avrebbero offerto tra i 150mila e i 200mila dollari per comprare voti. I delegati sarebbero stati avvicinati in un hotel a Tunisi durante l’ultimo appuntamento del Forum per il dialogo politico in Libia, guidato dall’Onu. Pare che alcuni delegati abbiano fatto una scenata nell’atrio dell’albergo dopo aver scoperto che i loro compensi erano più bassi di quelli di altri. Dbeibah ha negato le accuse definendole notizie false finalizzate a far deragliare il fragile processo politico.
Nonostante Stephanie Williams abbia chiesto di indagare sull’incidente e molti partecipanti al forum abbiano esortato a pubblicare il resoconto completo dell’indagine, alcune parti del rapporto del tavolo di esperti dell’Onu sono state omesse. Le Nazioni Unite hanno evitato di pubblicare la parte relativa alle accuse di corruzione, inserendola nell’“allegato riservato” e dichiarando di non “avere in programma altri aggiornamenti sull’argomento”.
Dbeibah è riuscito dove in molti avevano fallito semplicemente perché non ha scelto alcun ministro
Contro ogni previsione, il governo proposto da Dbeibah ha ottenuto la fiducia del parlamento. Dbeibah è riuscito dove in molti avevano fallito semplicemente perché non ha scelto alcun ministro, ma ha lasciato che fossero gli esponenti del parlamento a farlo. Il risultato è una squadra di 35 ministri in un governo sulla carta formato da Dbeibah, ma in realtà imposto da accordi basati su quote tra le parti in conflitto. Il premier ad interim ha dichiarato: “Personalmente ho scelto solo un esponente del mio gabinetto, non conosco nemmeno gran parte dei ministri del governo, sono stati nominati da diversi organismi”.
La prossima sfida per Abdel Hamid Dbeibah sarà il bilancio: ha proposto una legge di bilancio da 96 miliardi di dinari (17 miliardi di euro), ma il parlamento libico l’ha respinta e ha chiesto di modificarla entro due settimane. Una somma così grande per un governo provvisorio, il cui compito principale è quello di supervisionare le elezioni del prossimo dicembre, suggerisce l’intenzione di proseguire con lo stesso schema di elargizioni tra le varie città, tribù, clan, partiti in conflitto e milizie, con il pretesto della pace e dell’unità nazionale. Per esempio, la voce del costo dei salari nel nuovo budget è di 33 miliardi di dinari (7,2 miliardi di euro), circa dieci in più rispetto a quello precedente. Le spese di gestione del governo sono stimate intorno ai 12,4 miliardi di dinari (2,7 miliardi di euro), 23 miliardi di dinari (cinque miliardi di euro) sono per lo sviluppo, 22 miliardi di dinari (4,8 miliardi di euro) per i costi di supporto e cinque miliardi di dinari (1,1 miliardi di euro) per le emergenze.
A braccia aperte
Le prime visite diplomatiche di Dbeibah sono sembrate più che altro degli incontri d’affari, e questo riflette la sua visione pragmatica delle cose. Per esempio, quando è arrivato in Russia, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha aperto l’incontro dichiarando: “Le diamo il benvenuto a Mosca, la conosciamo da tempo e sappiamo che è già stato qui, anche se questa è la sua prima visita da quando ha ottenuto il nuovo incarico di primo ministro del governo di unità nazionale della Libia”.
Dopo un caloroso saluto, Dbeibah ha accennato con delicatezza all’importanza di far uscire tutte le forze straniere illegali dalla Libia. Poi ha chiesto aiuti per la ricostruzione del paese, ha invocato la riapertura dell’ambasciata russa a Tripoli e una ripresa dei contratti da parte delle aziende russe, in particolare quelli per l’estrazione di petrolio e gas e per le infrastrutture ferroviarie.
Dbeibah è noto anche in Turchia: insieme ad altri 14 ministri è stato accolto a braccia aperte dal presidente turco in persona. Entrambi hanno confermato gli accordi libico-turchi, compreso il trattato sui confini marittimi, definito valido e corretto. I rapporti tra le due parti sono di vecchia data: durante l’epoca Gheddafi, la famiglia di Dbeibah aveva garantito ad aziende turche contratti di costruzione per un valore di circa 19 miliardi di dollari. La famiglia mantiene stretti legami con diverse personalità turche, che secondo alcuni avrebbero facilitato l’intervento di Ankara nella guerra civile libica.
Alla fine del 2003 Gheddafi aveva avviato il processo di reinserimento nella comunità internazionale. I “pellegrini” avevano cominciato a visitare Tripoli, con l’obiettivo di aggiudicarsi qualcuno dei contratti di costruzione miliardari che volavano a destra e a manca. A controllare e orchestrare lo spettacolo c’era la famiglia Dbeibah. Due suoi esponenti erano a capo dei due più importanti organismi statali della Libia, con autorità assoluta sulla firma dei contratti: Abdul Hamid Dbeibah, capo della Libyan investment and development holding company (Lidco), e il suo famigerato mentore, cugino e cognato Ali Dbeibah, capo dell’Organization for development of administrative centers (Odac) tra il 1989 e il 2011.
Ali Dbeibah, suo figlio e i suoi fratelli sono stati al centro di molte indagini per presunta frode, corruzione e riciclaggio di denaro. Il procuratore generale della Libia ha condotto delle indagini su di lui nel 2013 e il suo nome è apparso sulla lista dei ricercati dall’Interpol prima che la Libia lo eliminasse, insieme a quello di tanti altri.
Un imprenditore al potere
In molti rapporti si è parlato del vastissimo impero di Ali Dbeibah e della complessa rete di cui si è servito per riciclare i miliardi guadagnati illegalmente dal 1989 grazie a grandi commissioni e all’affidamento dei contratti ad aziende che possedeva in segreto. Ha firmato 3.091 contratti per un valore complessivo di circa 33 miliardi di dollari, e ha proprietà e investimenti per un valore di diversi milioni di dollari in tutto il mondo, dalla Scozia alla Germania, da Cipro al Canada, dove vive ormai da anni.
Per il momento Abdul Hamid Dbeibah è convinto che lo sviluppo economico sia la soluzione alle tensioni militari. In quanto imprenditore e negoziatore, ha interesse a fare affari con tutti se questo può portare benefici alle parti coinvolte, e a quanto pare la sua visione sta attirando ancora una volta molti “pellegrini” a Tripoli. Personalità e aziende internazionali vedono poi in lui la garanzia che i casi di corruzione e abuso d’ufficio risalenti all’era Gheddafi non saranno riaperti per non disturbare il loro ritorno in Libia.
Intendiamoci: la forza dei Dbeibah non sta solo nella loro capacità di firmare accordi. Hanno anche finanziato importanti milizie armate a Misurata e hanno mantenuto la loro influenza grazie a legami con alcuni personaggi e gruppi politici. Ma chissà, in Libia tutto cambia in fretta. Molti libici credono che tutti i politici sono ladri, ma sperano che almeno uno di loro restituisca qualcosa al popolo.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
- Dopo l’approvazione da parte del parlamento di Sirte, il 9 marzo 2021, il 15 marzo Abdul Hamid Dbeibah ha giurato come primo ministro ad interim davanti alla camera dei rappresentanti di Tobruk, con il compito di guidare la Libia a nuove elezioni, previste per la fine dell’anno. Dbeibah era stato selezionato a febbraio durante dei colloqui sponsorizzati dalle Nazioni Unite e finalizzati a realizzare una transizione pacifica.
- L’obiettivo del nuovo esecutivo è quello di riunificare e riappacificare il paese, finora diviso in due principali blocchi: il governo di accordo nazionale (Gna), con sede a Tripoli, guidato da Fayez al Sarraj e sostenuto dall’Onu, e l’amministrazione orientale del paese, sotto il controllo del comandante Khalifa Haftar.
- Dbeibah dovrà anche fare i conti con diversi problemi legati a dieci anni di instabilità dopo la fine del regime di Muammar Gheddafi: crisi economica, disoccupazione, inflazione e corruzione.
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