Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2011 sul numero 928 di Internazionale.
Dallo studio del cosmo a quello delle particelle subatomiche, le teorie più convincenti ci portano a pensare che il nostro universo sia solo una goccia in un mare di altri universi. Fino a poco tempo fa i fisici erano riluttanti ad accettare l’idea del “multiverso”, ma le ultime scoperte nel campo della cosmologia, della teoria delle stringhe e della meccanica quantistica sembrano avergli fatto cambiare idea. “Il multiverso non è solo una delle alternative possibili”, afferma Raphael Bousso, un fisico dell’università della California a Berkeley. La storia del cosmo indica che il multiverso “esiste e dobbiamo prenderlo in considerazione”.
Ormai i ricercatori trattano gli universi paralleli come se fossero una realtà, li studiano e li testano per capire cosa ci dicono del nostro universo. Uno dei motivi principali della loro ricerca sta nella necessità di capire perché le leggi fisiche che reggono il nostro universo sembrano andare così d’accordo da permettere l’esistenza delle galassie, delle stelle, dei pianeti, della chimica organica, della vita, e anche di noi stessi. Piuttosto che fare appello a Dio o al caso, alcuni sostengono che la nostra stessa esistenza stabilisce dei parametri che ci permettono di pensare che esistano altri universi come il nostro.
Ma c’è un problema: teorie diverse ci portano a immaginare tipi differenti di multiverso. La teoria standard delle origini dell’universo, per esempio, prevede una quantità infinita di altri universi, compreso un numero infinito di mondi in cui un nostro doppio sta leggendo questa frase, chiedendosi se davvero esiste un’altra versione di sé. Secondo la teoria delle stringhe, invece, esistono 10500 universi paralleli. Allo stesso modo, per la meccanica quantistica il nostro universo è solo un piccolo fiocco di neve in una bufera di universi paralleli.
Oggi il compito degli studiosi è sviluppare e mettere in relazione queste idee. Il concetto di multiverso risale all’inizio degli anni ottanta, quando i fisici si resero conto che la teoria del big bang aveva un problema enorme. Quando gli scienziati misurarono la radiazione cosmica di fondo (Cmb), il bagliore residuo del big bang, scoprirono che era eccezionalmente uniforme, perfino alle estremità opposte dell’universo visibile. Con loro grande sorpresa, i ricercatori rilevarono che in regioni lontanissime una dall’altra la temperatura non variava di un decimillesimo di grado. Fu come scoprire che i rispettivi abitanti, semmai esistevano, parlavano la stessa lingua, spiega Brian Greene, un fisico della Columbia university di New York.
Da qualche parte nel multiverso avete già vinto la medaglia d’oro olimpica nei cento metri piani. Congratulazioni!
Il problema è stato risolto brillantemente dai cosmologi Alan Guth, del Massachusetts institute of technology (Mit), e Andrei Linde, dell’università di Stanford. Secondo Guth e Linde, nei primi 10-35 secondi di vita dell’universo, lo spazio si è espanso di circa 1.030 volte. Questa straordinaria espansione, chiamata “inflazione”, spiega sia la temperatura uniforme della Cmb sia perché lo spazio appare piatto, come la versione tridimensionale di un tavolo infinito. La teoria dell’inflazione ha avuto un successo incredibile, anche perché ha saputo prevedere le leggere increspature che sono state rilevate in seguito nella Cmb (sarebbero gli echi delle perturbazioni quantiche che hanno generato le galassie e le stelle).
La spiegazione di Guth e Linde introduce anche l’idea di multiverso, perché l’inflazione non si ferma alle regioni più lontane da cui oggi ci arriva la luce. Secondo Guth, l’universo potrebbe essere 1.010, 1.020 o anche infinite volte più grande di quello che siamo in grado di osservare. La teoria dell’inflazione implica un’espansione più rapida della velocità della luce, portandoci a pensare che oltre gli orizzonti osservabili del nostro universo ne esistano parti concretamente separate dalla nostra. Nulla può viaggiare attraverso queste regioni, e quindi si crea un numero infinito di mondi.
Come sono fatti questi mondi? Secondo Max Tegmark, un altro cosmologo dell’Mit, negli altri universi possiamo ritrovare le stesse particelle, le stesse forze e le stesse leggi fisiche del nostro. Ma, mentre nel nostro universo le particelle elementari si sono unite in modo da formare certe stelle e galassie, nell’universo vicino le stelle e le galassie saranno combinate diversamente. Lo stesso succede in quello successivo, e così via. Tuttavia, Tegmark ha dimostrato che, per quante particelle elementari possano esserci in un universo, queste possono essere organizzate solo in un numero finito di modi. Naturalmente è un numero molto elevato, 2 elevato alla 10.118, e le combinazioni possono ripetersi.
Questo significa, però, che se potessimo viaggiare abbastanza lontano, prima o poi incontreremmo un universo identico al nostro. Tegmark ha calcolato che la copia più vicina potrebbe trovarsi a circa 10 elevato alla 1.029 metri di distanza. Proseguendo, il gemello successivo dovrebbe trovarsi a 10 elevato alla 10.118 metri da noi. Dato che un universo infinito ospita un numero infinito di variazioni, questo significa che da qualche parte nel multiverso avete già vinto la medaglia d’oro olimpica nei cento metri piani. Congratulazioni!
Per quanto numerosi, questi universi non hanno nulla di esotico. Tegmark colloca gli universi creati dall’inflazione sul primo gradino di una gerarchia a quattro livelli, che diventa più strana man mano che si sale. Prendiamo, per esempio, il secondo tipo di multiversi. Poco dopo aver scoperto l’inflazione, Linde si è reso conto che il processo potrebbe essere ancora in corso e perfino durare all’infinito. Quando l’enorme energia dello spazio vuoto crea un piccolo universo in espansione, lo spazio che lo circonda, ancora carico di energia, continua a espandersi ancora più velocemente, e potrebbe dare origine ad altri universi che a loro volta si espandono, e così via. “Tutti i modelli che abbiamo preso in considerazione fanno pensare che l’inflazione sia eterna”, dice Alexander Vilenkin della Tufts university di Boston, uno dei promotori di questa teoria. A questo proposito, Guth parla del “pranzo gratis più abbondante di tutti”. Il “buffet” dell’inflazione eterna comprende un numero infinito di universi di primo livello, ma anche delle varianti. Ognuno è diverso dall’altro, perciò anche le caratteristiche che si ritenevano comuni, come la massa delle particelle elementari e le forze fondamentali che agiscono su di esse, risultano diverse. Gli universi bolla che nascono dall’inflazione eterna comprendono ogni mutazione consentita dalle leggi della fisica. Linde ha commentato scherzosamente che non solo è un pasto gratis, “ma è l’unico in cui si possono trovare tutte le pietanze possibili”.
Troppe alternative
Questo tipo di universo appartiene al secondo livello della gerarchia di Tegmark, che comprende anche i 10500 universi previsti dalla teoria delle stringhe, la principale candidata a diventare una “teo-ria del tutto”, in grado di spiegare tutte le particelle e le forze della natura. Nel modello standard della fisica delle particelle ci sono una ventina di parametri (come, per esempio, la massa dell’elettrone) il cui valore può essere misurato ma non spiegato. I fautori di questa teoria speravano di poter capire perché quei parametri hanno il valore che hanno, ma sono rimasti delusi. Invece di produrre il fiocco di neve perfetto – di cui conosciamo le particelle, le forze fondamentali e il modo in cui interagiscono – la teoria delle stringhe ha scatenato una valanga di universi, rivelando un territorio enorme e scoraggiante che il fisico Leonard Suss-kind ha definito il “paesaggio” della teoria delle stringhe.
Quello che distingue un universo dall’altro è la natura dello spazio-tempo. Secondo la teoria delle stringhe, le particelle e le forze della natura derivano dalle vibrazioni di minuscole stringhe che si sviluppano su dieci dimensioni. Noi ne conosciamo solo quattro perché le altre sono “compattate”, intrecciate tra loro in strutture complesse troppo piccole per essere percepite. La fisica di ogni universo dipende da quante sono le dimensioni compattate e da qual è la loro struttura. Gli studiosi hanno individuato un numero enorme di possibili forme che interagiscono con i campi della teoria delle stringhe e definiscono vari tipi di universi, la maggior parte dei quali è regolata da leggi fisiche sconosciute e popolata da forze e particelle completamente diverse.
L’inflazione eterna è un meccanismo convincente che permette di infilare in ogni angolo del paesaggio della teoria delle stringhe un numero infinito di universi reali. “In origine gli studiosi delle stringhe non amavano l’idea del multiverso e andavano in cerca di una soluzione unica. Invece, ne hanno trovate 10500”, dice Linde.
Oggi la grande sfida della cosmologia è capire perché il nostro universo è fatto così com’è, visto il grande numero di alternative a disposizione. Il nostro universo inesplicabilmente ben sintonizzato (fine tuned) per produrre le condizioni necessarie alla vita. Se la gravità fosse stata leggermente più forte, il big bang sarebbe stato poco più dello scoppio di un petardo. Se fosse stata un po’ più debole, non sarebbero nate le stelle e le galassie. Se la carica dell’elettrone fosse stata leggermente diversa, le stelle non avrebbero potuto crea-re gli elementi pesanti che formano i pianeti come la Terra. Se la forza nuclea-re forte fosse stata diversa, non si sarebbe formato il carbonio e non sarebbe nata la vita.
In cima a questa lista di variabili c’è la costante cosmologica, la minuscola dose di energia oscura che alimenta l’espansione sempre più rapida dell’universo. Alla fine degli anni novanta molti cosmologi sono rimasti sorpresi nello scoprire che l’espansione dell’universo è in costante accelerazione. La teoria dei quanti prevede un livello di energia oscura all’incirca 10120volte superiore di quello effettivamente misurato. Visto che tanta energia farebbe esplodere il mondo, la maggior parte dei fisici ha ipotizzato l’esistenza di un elemento simmetrico, ancora da scoprire, che avrebbe annullato quell’energia enorme, portando la costante cosmologica quasi a zero. Nessuno aveva previsto che fosse diversa da zero, tranne una persona.
Dieci anni prima, il premio Nobel per la fisica Steven Weinberg aveva predetto l’esistenza di una piccola costante cosmologica positiva. Quest’ipotesi derivava dall’applicazione al multiverso del principio antropico, che è ancora contestato da molti. Secondo Weinberg, se l’universo poteva generare delle galassie (stelle, pianeti ed esseri umani come osservatori), il quantitativo necessario di energia oscura doveva rientrare entro i limiti che ci permettevano di essere qui a misurarla. Questo comporterebbe, all’interno del multiverso, l’esistenza di un sottoinsieme di universi che hanno le stesse proprietà. A partire da questo approccio probabilistico Weinberg è riuscito a calcolare il valore della costante cosmologica con estrema precisione. “La scoperta della costante cosmologica è stata una delle più inaspettate dell’ultimo secolo, ed era prevista dalla teoria del multiverso”, racconta Vilenkin. “Quindi può essere considerata la prova indiretta del fatto che viviamo in un multiverso”.
Da allora altri studiosi hanno applicato il principio antropico per stabilire la quantità di energia oscura, il rapporto tra materia oscura e materia visibile, e la massa di particelle elementari come i neutrini e i quark. Usando il principio antropico per distinguere il nostro universo dal multiverso, sembrava possibile venire a capo del misterioso fenomeno del fine tuning. In realtà, è l’unico modo per spiegarlo. “Se in altri posti le leggi e le costanti della fisica sono diverse”, dice l’astronomo Martin Rees, “non c’è modo di evitarlo”. Purtroppo, usando questo metodo per spiegare il posto del nostro universo nel multiverso, si crea un problema: non possiamo usare le regole della probabilità per calcolare quanti universi come il nostro potrebbero esistere. “I posti dove si può vincere la lotteria sono infiniti, e quelli dove non è possibile sono a loro volta infiniti. Perciò su quale base diciamo che è improbabile vincere alla lotteria?”, dice Bousso. “È praticamente impossibile dimostrare che la nostra teoria sia giusta o sbagliata”.
Questo problema di misurazione potrebbe essere stato risolto da Bousso e da I-Sheng Yang, che oggi fa ricerca alla Columbia university. Mettendo da parte la fastidiosa infinità, Bousso e Yang hanno dedotto le probabilità di ritrovare gli stessi parametri di un dato universo da “causal patches” locali (tutto quello con cui un osservatore può interagire). E i risultati che hanno ottenuto corrispondono a quelli di uno studio, condotto con metodi diversi, da Vilenkin e Jaume Garriga, dell’università di Barcellona, confermando per la prima volta le ipotesi sul multiverso.
Anche se i teorici hanno fatto passi da gigante nello studio del multiverso, rimangono sempre gli ultimi due livelli della gerarchia di Tegmark. Il livello tre ha origine nella teoria dei quanti. Tutti i fisici riconoscono che la meccanica quantistica funziona perfettamente. Per esempio, può essere usata per calcolare un valore per il momento magnetico dell’elettrone che corrisponde quasi perfettamente al valore ottenuto con le misurazioni. Ma gli scienziati devono ancora mettersi d’accordo sul significato di questi valori. Nel regno dei quanti le particelle non esistono come entità discrete e osservabili, ma come “onde di probabilità”. L’evoluzione di queste onde permette ai fisici di fare ipotesi su come gli elettroni avvolgono l’atomo o su come quark e gluoni interagiscono tra loro.
Reali come i dinosauri
La questione più importante è cosa succede all’onda di probabilità di un oggetto – alla sua funzione d’onda – quando qualcuno la misura. Niels Bohr, uno dei fondatori della meccanica quantistica, sosteneva che durante l’osservazione la funzione d’onda collassa e fa apparire la particella in un particolare spazio-tempo.
Secondo Bohr, questo spiega perché vediamo solo una delle infinite possibilità contenute nella funzione d’onda. Ma la sua posizione è stata a lungo criticata perché implica che nulla diventi realtà fino a che qualcuno non lo osserva. Negli anni cinquanta questa considerazione spinse Hugh Everett, che all’epoca si stava specializzando a Princeton, a cercare di vedere cosa sarebbe successo mettendo da parte la tesi di Bohr. Quando immaginò che la funzione d’onda rimanesse tale, come dicevano i calcoli matematici della teoria dei quanti, Everett arrivò a una conclusione ancora più sorprendente. La sua teoria, nota come interpretazione dei molti mondi, prevede l’esistenza di un gran numero di universi paralleli al nostro in cui si realizzano tutte le possibilità.
Quanto sono reali questi mondi paralleli? Quanto i dinosauri, dice David Deutsch, un fisico dell’università di Oxford. “Noi vediamo solo i fossili ma i dinosauri sono l’unica spiegazione per quei reperti”, dice. “L’esistenza di molti mondi è l’unica spiegazione razionale dei fenomeni quantistici che osserviamo. Secondo me è valida quanto quella dei dinosauri”.
I mondi paralleli della teoria dei quanti e gli universi multipli creati dall’inflazione eterna sembrano molto distanti tra loro. Ma i fisici hanno cominciato a prendere in considerazione l’ipotesi che il paesaggio quantistico e quello dell’inflazione siano in realtà la stessa cosa. Bousso e Susskind sostengono che producono la stessa serie di universi paralleli. “Siamo convinti che l’idea del multiverso e quella dei mondi paralleli descrivano lo stesso fenomeno”, dice Susskind. All’inizio di quest’anno, lui e Bousso hanno trovato un sistema coerente per applicare le regole della fisica quantistica al multiverso. “Le realtà virtuali della meccanica quantistica diventano autentiche realtà nel multiverso”, afferma Susskind. Anche Tegmark mette sullo stesso piano le infinite varianti del nostro universo sul primo livello del multiverso e l’infinità dei mondi quantistici. “L’unica differenza tra il livello uno e il livello tre”, dice, “sta nel dove si trova il nostro doppio”.
I multiversi di cui abbiamo parlato finora fanno pensare al nostro universo come a un sassolino in un paesaggio vastissimo, ma almeno ci permettono di pensare che sia rea-le. Nick Bostrom, filosofo all’università di Oxford, pensa invece che il nostro universo sia solo una simulazione nel supercomputer di una civiltà più avanzata. La sua tesi è semplice. Le civiltà più durature sviluppano una potenza informatica quasi illimitata. Alcune hanno creato una “simulazione” che ricostruisce la vita dei loro antenati o di altri esseri. Come noi giochiamo con i videogame, probabilmente una civiltà transumana avrà creato varie simulazioni, ed è plausibile che ci troviamo in una di queste. Bostrom dubita di riuscire a dimostrarlo perché una civiltà avanzata abbastanza intelligente da creare una simulazione non permetterebbe mai alle persone che vivono al suo interno di accorgersene. Secondo Tegmark, questa e altre ipotesi più fantasiose compongono il quarto livello della sua gerarchia.
Prove di collisione
Forse non siamo in grado di capire se ci troviamo all’interno di una simulazione, ma come si identificano gli altri tipi di multiverso? I teorici indicano vari modi in cui altri universi potrebbero aver lasciato segni che siamo in grado di osservare. Per esempio, gli universi bolla dell’inflazione eterna potrebbero entrare in collisione e annientarsi a vicenda. “Se sei in una bolla e la parete accelera verso di te, sei nei guai”, dice Matthew Kleban, fisico teorico dell’università di New York. Ma in alcuni casi le bolle rimbalzano via l’una dall’altra, lasciando un segno nella radiazione cosmica di fondo. Kleban e i suoi colleghi l’hanno immaginato nei dettagli: sarebbe una macchia simmetrica, che rientra in una specifica gamma di dimensioni, e spicca dal resto perché ha una temperatura e una polarizzazione diversa. Nella radiazione cosmica di fondo è stato trovato qualcosa di simile, ma Kleban ammette che le prove di una collisione sono deboli. Tuttavia, dice, potrebbe essere confermata dai dati raccolti dal satellite Planck, che attualmente sta studiando la Cmb. Una simile scoperta provocherebbe una nuova rivoluzione copernicana. “Ci confermerebbe che siamo in una bolla inserita in un gran numero di altre bolle con leggi della fisica diverse”, dice. “Sarebbe una scoperta fondamentale”.
Secondo la meccanica quantistica i nuovi universi nascerebbero aggrovigliati tra loro e questo groviglio iniziale lascerebbe segni indelebili. “Una volta individuato un meccanismo fisico che dimostra com’è nato l’universo, puoi fare una serie di previsioni sull’aspetto che avrà in futuro”, dice Laura Mersini-Houghton, cosmologa dell’università della North Carolina a Chapel Hill. Mersini-Hough-ton e i suoi colleghi hanno usato questo metodo per fare quattro previsioni che, a suo dire, sono state tutte confermate.
Una è l’esistenza di un vuoto enorme nel nostro universo. I dati del satellite Wmap della Nasa e della Sloan digital sky survey (un progetto di cartografia digitale del cielo) dimostrano che c’è qualcosa di simile nella costellazione di Eridano. Hanno anche previsto che l’intensità complessiva della Cmb dovrebbe essere inferiore di circa il 20 per cento a quello che farebbe prevedere l’inflazione e che, sorprendentemente, tutto il nostro universo va in una certa direzione.
La previsione più controversa dell’équipe di Mersini-Houghton riguarda la fisica delle particelle. La maggior parte dei fisici si aspetta che le collisioni dell’acceleratore di particelle del Cern, in Svizzera, riveleranno l’esistenza di una nuova simmetria nota con il nome di supersimmetria. Considerata un elemento essenziale della teoria delle stringhe, la supersimmetria richiede che ogni particella del modello standard abbia un equivalente pesante che ancora non è stato scoperto. La maggior parte dei ricercatori ritiene che le alte energie dell’acceleratore siano sufficienti a crearli. Ma secondo Mersini-Houghton servirebbe un’energia diecimila volte più forte. Finora non sono emerse prove della supersimmetria. Anche se molti studiosi sono affascinati dall’idea, la maggior parte di loro ha deciso di stare a vedere cosa succede.
Alcuni hanno cominciato a verificare altre previsioni legate ai vari tipi di multiversi. Per esempio, stanno cercando di capire se lo spazio è piatto o leggermente curvo, e se esistono particelle e forze diverse da quelle previste dal modello standard o dalla supersimmetria. A trent’anni dalla nascita del concetto di multiverso, molti studiosi concordano sul fatto che per alcuni tipi di multiverso esistono solide basi teoriche, che consentono di fare previsioni, su cui è possibile fare dei test e che spiegano perché il nostro universo è fatto così com’è. Ma, dice Bousso, il multiverso è la frontiera della scienza. “Quando lavori ai limiti della conoscenza, non puoi essere sicuro di nulla”, spiega. “Tuttavia, se non pensassi che è l’ipotesi migliore, non ci perderei tempo”. Susskind è d’accordo con lui: “Non abbiamo ancora esaurito tutte le domande. Avremo sicuramente qualche sorpresa”.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2011 sul numero 928 di Internazionale. Era uscito su New Scientist.
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