Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2021 sul numero 26 di Internazionale Kids.
Con l’arrivo del covid-19 la morte si è presa spazio nei telegiornali e nella vita di molte persone. Spesso non sappiamo come affrontare l’argomento, ma è importante parlarne. Abbiamo immaginato dei dialoghi tra un’adolescente e uno psicologo.
1. Quando muore una persona cara
“Oggi pomeriggio il nonno è morto. Così, mentre dormiva. Negli ultimi giorni era affaticato, mangiava poco. È tristissimo pensare che non lo vedrò più, non riesco a smettere di piangere. Però negli ultimi tempi soffriva molto, forse è meglio che se ne sia andato. Non so se ho voglia di andare al funerale e dirgli addio. Non voglio parlarne con i miei amici, non saprebbero cosa dirmi”.
Quando muore una persona cara nella testa tutto vacilla e non è facile trovare le risposte. Siamo andati a cercarle per te, immaginando una conversazione tra un’adolescente e uno psicologo.
Quando muore una persona cara nella testa tutto vacilla e non è facile trovare le risposte.
Da quando mio nonno è morto piango molto. Mi chiedo se è normale, i miei genitori sono preoccupati.
Tristezza e pianto fanno parte del lutto. Soprattutto se avevi un legame forte con questa persona e passavate molto tempo insieme. La tristezza può durare tre, quattro, cinque mesi o più, poi si attenua. Certo, se dopo sei mesi ancora piangi tutte le sere e non riesci a dormire, allora è meglio se vieni a trovarmi. Ma essere tristi è normale. La cosa più dolorosa è non sentirsi compresi dagli altri, sentirsi isolati nel proprio malessere. Essere tristi insieme aiuta a sopportare il peso dell’assenza, la rende meno penosa.
Alcune persone non piangono, perché?
Ognuno ha il suo modo di esprimere le emozioni. In passato gli anziani invitavano ai funerali delle donne che avevano il compito di piangere, per spingere gli altri a fare altrettanto. Alcune persone piangono, altre no. L’importante è non chiudersi in se stessi troppo a lungo.
Non riesco a parlare della mia tristezza agli altri.
Per quale motivo, hai paura di non riuscire a trattenere i singhiozzi e di farli piangere con te? Pensi che non potrebbero capire la tua sofferenza? Invece parlare fa bene, proprio come piangere! Se anche la persona con cui parli è triste e non reprime le sue emozioni, ti sentirai capito. E puoi sempre scegliere con chi hai voglia di parlare.
Ho l’impressione che sia colpa mia se mio nonno è morto. Dovevo andarlo a trovare…
Non hai nulla da rimproverarti. Sei andata alla gara di judo invece che a pranzo dai nonni? Il senso di colpa è normale e tutti lo provano. Quando si è in lutto, ognuno si concentra sui propri errori.
Non voglio andare al funerale!
Oggi teniamo la morte a distanza. Non si muore più in casa come un tempo, ma in una clinica per anziani o in ospedale. I cimiteri sono lontano dagli occhi. Magari i tuoi genitori non ti obbligheranno a partecipare al rito. È una tua scelta. Ma secondo me è importante che gli adolescenti e i bambini partecipino al rito funebre perché, prima o poi, potrebbero rimpiangere di non esserci stati. E poi, confrontarsi con la morte fa parte della vita. Come andare a visitare la tomba di un antenato insieme ai tuoi genitori, parlarne, ricordare che tipo era… è la storia, l’eredità che si trasmette. Alcune persone non vogliono andare ai funerali perché hanno paura di stare malissimo, di avere un attacco di panico. In questo caso farebbero davvero bene a venirmi a trovare.
Ma i miei genitori nemmeno lo vedevano più il nonno, questo funerale è una presa in giro.
Avrei due risposte. La prima è: hai ragione. Di’ a voce alta quello che pensi. E la seconda è: nonostante tutto, il rito funebre fa parte della vita sociale. Da sempre gli esseri umani si occupano dei propri morti. Non è la cosa che preferiamo fare, ma bisogna farlo.
2. Quando si cerca la morte
A volte può capitare che un adolescente voglia farla finita con la sua vita. Alcuni si uccidono davvero, altri superano questa fase. Come aiutarli, perché soffrono tanto? Le risposte di uno psicologo dal suo studio immaginario.

Perché da adolescenti si pensa tanto alla morte?
Pensare alla morte fa parte dell’adolescenza. Per i bambini la morte è astratta, ma verso i nove, dieci anni si comincia a capire che la morte è irreversibile. Una persona morta non tornerà in vita.
Ma quando un adolescente si suicida vuole davvero morire?
È una questione complicata. Quello che è certo è che, improvvisamente, il pensiero della morte diventa un’ossessione, non si pensa ad altro. Il suicidio sembra l’unica soluzione per smettere di pensare alla morte, l’unica via d’uscita logica per interrompere la sofferenza.
Alcune persone hanno delle strane idee, si vestono di nero, ascoltano musica tristissima.
Attenzione, una cosa è giocare con l’idea della morte, disegnare teschietti e leggere libri cupi. Un po’ di provocazione ci può stare! Se l’adolescente è circondato da persone con cui parlare delle sue scelte, se è un modo per sentirsi creativo, allora non c’è niente di grave. Un’altra cosa invece è riflettere sull’idea della propria morte. È una richiesta di aiuto che va presa sul serio.
Quando una mia compagna di scuola mi ha detto che si voleva suicidare, non le ho creduto. Ho pensato: “Visto che me l’ha detto, non lo farà”.
È sbagliato. Ovviamente se te ne parla una volta sola non devi spaventarti. Capita a tutti di avere un momento molto difficile e l’idea di farla finita può sfiorarci. Al contrario, se la tua amica lo ripete spesso, bisogna prenderla sul serio. È il suo modo di mostrarti che ha bisogno di aiuto. Se i tuoi genitori sono disponibili all’ascolto, puoi invitarla a pranzo. Per lei potrebbe essere l’occasione di esprimere le sue inquietudini. A volte è più semplice parlare con i genitori degli amici che con i propri.
Ma questo vorrebbe dire tradire il suo segreto. Mi ha fatto giurare di non parlarne.
Dille che è un segreto troppo pesante da custodire e che ne vuoi parlare a un adulto. Così le mostri che prendi sul serio le sue parole. Non è un tradimento, lo fai per aiutarla.
E cosa le faranno?
Se i suoi pensieri di morte sono troppo ossessivi, le consiglieranno di vedere un medico. Può darsi che per qualche giorno la terranno in un ospedale dove cercheranno di farle superare questo momento difficile.
Cosa può fare per cambiare?
Ci sono molte strade, a seconda della gravità della situazione. Per esempio può incontrare regolarmente uno psicoterapeuta. Cominciare una terapia familiare. O ancora, se i genitori sono separati, modificare l’affidamento. Lo scopo è mostrarle che le persone che la circondano hanno preso sul serio la sua sofferenza. Spesso ci vuole del tempo. Ma se non si fa nulla, avrà la sensazione di essere sempre ferma allo stesso punto, ed è l’errore da evitare.
Le daranno delle medicine?
Se stabiliranno che è in uno stato grave di depressione, sì. Ma prima servono delle valutazioni e dei colloqui con uno specialista.
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure su WhatsApp tutti i giorni dalle 18 alle 21 al numero 324 011 7252.
3. Convivere con la morte
Non si può rimediare alla perdita di una persona cara, bisogna imparare a conviverci. Ecco qualche consiglio che potrai seguire a modo tuo.
- Cercare aiuto. Un tempo le persone in lutto portavano un abito o un colore particolare per due anni, per manifestare pubblicamente la loro sofferenza. Oggi nulla rivela agli occhi degli altri il dolore che si ha dentro. Chiedi aiuto ai tuoi genitori o a un medico. Informati se nella tua scuola o nel tuo quartiere esiste un gruppo d’ascolto per adolescenti, anche telefonico. Potresti averne bisogno per superare un momento difficile. Queste persone ti aiuteranno a capire il caos che sta mettendo in discussione tanti aspetti della tua vita.
- Consolarsi. Quando una persona cara muore, si crea un vuoto. Per guarire servono tempo e affetto. Coltiva i tuoi legami con gli amici, guarda delle foto, rispolvera i ricordi, evoca la persona, le sue qualità e le sue stranezze, anche con umorismo. Organizza degli incontri in sua memoria. Comincia nuovi progetti, e un po’ alla volta la vita riprenderà il sopravvento. Rendersi improvvisamente conto che la vita ha una fine la rende preziosa. È il segno che stai crescendo.
- Pensare al dopo. Per le religioni, anche se la morte è la fine della vita sulla Terra, non è la fine di tutto. È il passaggio verso un altro stadio, il paradiso o una nuova vita per altri. Cosa ti lascia questa persona appena morta: un oggetto, dei ricordi, delle passioni, delle qualità? Immagina come, a tua volta, potresti proseguire la storia di questa persona. Se invece è uno dei tuoi amici ad aver avuto un lutto, fagli sapere che ci sei. Non rendere l’argomento tabù facendo finta che non sia successo niente. Anche se questa persona preferirà stare da sola, i tuoi messaggi la conforteranno. È di questo che ha bisogno: di sentirsi amata.
(Traduzione di Nicola Vincenzoni)
Da non perdere
In questi giorni sono usciti in libreria due libri che parlano della morte in modo delicato e adatto anche ai più giovani: Non si dice sayonara (Emons, 2025) di Antonio Carmona, un romanzo sulla vita familiare dopo una perdita, e Dove andiamo quando moriamo? (Corraini, 2025) di Samy Ramos, che affronta con ironia una delle domande più difficili. Anche questo articolo, uscito in Francia su Le Monde des ados e pubblicato su Internazionale Kids nel 2021, prova a trovare le parole giuste per parlare di morte, a partire dalle domande di ragazze e ragazzi.
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