Nel monumento che domina una collina di Asunción, una statua del mitologico capo indigeno Lambaré fa compagnia ad altri grandi leader della storia del Paraguay. Gli altri eroi epici in mostra sono di origine mista, ma l’idea di un’eredità indigena nobile è forte in Paraguay e – fatto unico nel continente americano – può essere espressa dalla maggioranza della popolazione del paese in una lingua indigena: il guaraní del Paraguay.

“Il guaraní è la nostra cultura: è lì che si trovano le nostre radici”, dice Tomasa Cabral, che lavora come venditrice in un mercato cittadino.

Altrove, in America, le lingue coloniali europee stanno spingendo all’estinzione le lingue autoctone, ma il guaraní del Paraguay – una lingua che discende da vari idiomi indigeni – rimane una delle principali lingue del 70 per cento della popolazione del paese. E a differenza di altre lingue native di ampia diffusione – come il quechua, l’aymara o le lingue maya – è perlopiù parlata da popolazioni non indigene.

Una minaccia per le altre lingue
Miguel Verón, linguista e componente dell’Accademia della lingua guaraní, sostiene che essa sia sopravvissuta, in parte, a causa della posizione geografica isolata del paese, e in parte a causa della “lealtà linguistica” della sua popolazione. “Le popolazioni indigene si sono rifiutate d’imparare lo spagnolo”, spiega. “E i governatori coloniali hanno dovuto imparare a parlare il guaraní”.

Ma nonostante rimanga sottoposto alla pressione dello spagnolo, il guaraní del Paraguay rappresenta a sua volta una minaccia che pende sulle altre lingue indigene del paese. Ciascuno dei 19 popoli sopravvissuti in Paraguay possiede la propria lingua, ma sei di questi sono considerati dall’Unesco come in grave o in serio pericolo. Una di queste lingue, il guaná, è ormai parlato solo da una manciata di persone.

Nel frattempo un censimento del 2012 ha rivelato che il 48 per cento dei 113.220 cittadini indigeni del Paraguay parlano il guaraní del Paraguay come lingua principale.

Il linguista Hannes Kalisch sostiene che l’allontanamento dalle lingue indigene è spesso il risultato di una discriminazione

Alba Eiragi Duarte, una poeta originaria della popolazione ava guaraní, scrive in una lingua – a sua volta chiamata ava guaraní – parlata solo dal 6 per cento di questa popolazione. I benefici di parlare le due lingue ufficiali sono chiari, dice. Lo spagnolo rimane la lingua di stato, mentre il guaraní del Paraguay è parlato diffusamente nelle aree rurali, dove in molti casi è un requisito fondamentale per poter lavorare. Ma l’importanza di mantenere in vita altre lingue è inestimabile, dice Eiragi Duarte. “La nostra cultura è trasmessa con la nostra lingua: la cultura è lingua. Amare la nostra lingua significa amare noi stessi”.

Hannes Kalisch, linguista e cofondatore di un’associazione che promuove la lingua enlhet, sostiene che l’allontanamento dalle lingue indigene è spesso il risultato di una discriminazione. “Le persone smettono di parlare la loro lingua per cercare di evitare discriminazioni”, dice. “Ma per loro è chiarissimo che si tratta di una sorta di tradimento della loro stessa identità”.

Mancanza di fondi
Le popolazioni indigene del Paraguay non godono del rispetto tributato alla statua del capo Lambaré. Un rapporto dell’Onu del 2015 ha rilevato che il 60 per cento di loro vive in condizioni di estrema povertà: molto più della media della popolazione generale. Chi parla il guaraní del Paraguay è di frequente vittima di una discriminazione brutale e viene ancora spesso stigmatizzato come contadino, povero e ignorante, dice Verón. I sistemi politici e socioeconomici hanno dato priorità allo spagnolo – spesso con la forza – facendone la lingua dello stato, dell’istruzione e del potere. L’uso del guaraní del Paraguay nei programmi scolastici è stato vietato per buona parte della lunga dittatura del generale Alfredo Stroessner (1954-1989). “La violenza più flagrante commessa in Paraguay è stata linguistica”, dice Verón, “ma non se ne parla”.

Tra gli importanti progressi compiuti dopo la fine della dittatura c’è una legge del 2012 che obbliga lo stato a equiparare istituzionalmente lo spagnolo e il guaraní del Paraguay e a proteggere altre lingue indigene.

Ladislaa Alcaraz de Silvero, ministra delle politiche linguistiche, sostiene che lei e i suoi collaboratori si sono impegnati per normalizzare l’uso del guaraní del Paraguay all’interno del governo, ma che questi sforzi – e la preservazione di altre lingue indigene – sono stati ostacolati dalla mancanza di fondi. “Abbiamo bisogno d’informazioni, di studi su alcune lingue, e di pubblicazioni”, spiega. “Tutto questo ha un costo concreto che la buona volontà, da sola, non può coprire”.

Benigno Giménez, responsabile per l’istruzione indigena della popolazione yshyr ybytoso – che è riuscita a mantenere un buon livello di padronanza della propria lingua – spiega che gli insegnanti si sono sforzati di rafforzare l’uso della propria lingua, ma è dal 2018 che aspettano il sostegno economico del governo. “Vogliamo recuperare la nostra lingua e la nostra cultura, per guardare avanti”, dice. “La cosa più importante è che un bambino impari la sua lingua madre. Poi potrà imparare anche altre lingue”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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