Da vari giorni mi dico che dovrei scrivere qualcosa sulla situazione politica belga. Poi apro Le Soir o La Libre Belgique e mi passa la voglia. “Poveracci”, penso, con il cuore stretto dalla compassione. Davvero, non dev’essere facile fare il cronista politico in Belgio in questo periodo. Riempire ogni giorno pagine e pagine di commenti, resoconti, editoriali, analisi, ipotesi, interviste e box, sapendo che sono tutte briciole ai piedi del colossale dato di fatto piantato da tredici mesi nel bel mezzo della vita politica nazionale: il paese è senza governo. Gli elettori che il 13 giugno 2010 hanno fiduciosamente espresso il loro voto aspettano ancora la formazione di un esecutivo.

Sono ingiusta. Qualcosa, negli ultimi giorni, potrebbe essere cambiato. Il 4 luglio Elio Di Rupo, l’uomo al quale il re Alberto II ha affidato (per la seconda volta) il compito di mettere d’accordo i vari partiti su un progetto di riforma dello stato, tappa preliminare alla formazione di un governo, ha consegnato il suo attesissimo rapporto. I giornalisti si mettono subito al lavoro: fiumi di commenti, ipotesi, scommesse, schemi e schemini per spiegare al comune mortale cosa contiene il documento e quali potrebbero essere le reazioni dei partiti. “Tranquilli”, concludono quasi tutti, “nessuno oserà dire di no alla proposta di Di Rupo, perché verrebbe accusato di sabotare i negoziati!”.

Qualcuno, invece, non si è fatto problemi a dire no, anzi neen. Il 7 luglio il leader della N-VA (i nazionalisti fiamminghi) Bart de Wever boccia la proposta di Di Rupo, definendola troppo lontana dalle richieste del suo partito e affermando che l’autore della suddetta proposta chiaramente o è “perfido” o è “incompetente”. A quel punto, in una surreale variazione sul nulla, i giornalisti si precipitano a sfornare fiumi di commenti, ipotesi, scommesse, schemi e schemini per spiegare al comune mortale perché De Wever ha detto neen e quali potrebbero essere le reazioni degli altri partiti.

Intanto Di Rupo si presenta dal re per comunicargli il fallimento della sua missione. E il re, saggiamente, invita tutti a compiere uno sforzo comune di riflessione. E ora? C’è chi propone di formare un governo senza la N-VA, ma per questo servirebbe l’appoggio del CD&V (i cristiano-democratici fiamminghi), che sono pappa e ciccia con la N-VA. Oppure si potrebbe tornare alle urne. O magari organizzare un bel referendum sul futuro del paese. O tentare la via della democrazia deliberativa, come propongono gli autori del manifesto G1000 (tra cui David Van Reybrouck). Tutte ipotesi su cui i poveri cronisti politici in questo momento stanno ricamando pagine e pagine per le edizioni di domani.

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