Nei prossimi mesi l’economia globale avanzerà, ma a ritmi molto bassi, soprattutto nelle economie più ricche, al punto da far temere un periodo prolungato di crescita debole o nulla.

Questo scenario, che per certi versi ricorda la “stagnazione secolare” teorizzata dall’economista ed ex ministro del tesoro statunitense Larry Summers, è stato dipinto dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che il 14 aprile ha pubblicato l’edizione 2015 del suo World economic outlook, lo studio in cui l’istituto presenta periodicamente le sue previsioni sull’economia globale.

Secondo l’Fmi, quest’anno il pil mondiale crescerà del 3,5 per cento, mentre nel 2016 salirà al 3,8 per cento. L’aumento sarà guidato ancora una volta dai paesi emergenti, che però continuano a registrare tassi di crescita sempre più deboli.

Il 2015 dovrebbe chiudersi in perdita (-1 per cento) per il Brasile, che soffre le conseguenze di una grave siccità, del pesante indebitamento privato e dell’instabilità politica legata ai recenti scandali di corruzione.

Non sarà un anno felice neanche per la Russia (-3,8 per cento), che paga il calo del prezzo del petrolio e le sanzioni occidentali per la crisi ucraina, mentre a marzo la Cina ha registrato un forte calo (-15 per cento rispetto a un anno fa) delle esportazioni. Va molto meglio l’India, che quest’anno e nel 2016 crescerà del 7,5 per cento.

Per quanto riguarda le economie avanzate non si può parlare di luci e ombre ma di previsioni “più cupe”. L’eurozona e il Giappone cresceranno un po’ di più quest’anno (rispettivamente 1,5 e 1 per cento) grazie alla svalutazione delle loro monete.

Per gli Stati Uniti l’Fmi prevede una crescita del 3,1 per cento, lo 0,5 per cento in meno rispetto alle precedenti previsioni, perché le esportazioni cominciano a essere rallentate dal dollaro forte. L’apprezzamento della moneta statunitense, inoltre, potrebbe mettere in difficoltà molti paesi che si sono indebitati in dollari.

Ebbene, considerato tutto questo, spiega il Wall Street Journal, è difficile per ora recuperare il terreno perso con la crisi del 2008. “I paesi avanzati, in particolare, continueranno a convivere con alti livelli di disoccupazione, pesante indebitamento e crescita stagnante, a cui vanno aggiunti fattori come l’invecchiamento della forza lavoro e il calo della produttività”. Per questo l’Fmi teme che “le prospettive dell’economia globale possano restare cupe fino al 2020”.

Come si possono sventare queste minacce? Secondo Christine Lagarde, la direttrice dell’Fmi, i paesi con bilanci in attivo e senza particolari problemi d’indebitamento dovrebbero spendere di più per rafforzare la domanda nel breve termine. Ma tutti i governi hanno bisogno di ristrutturare profondamente le loro economie e investire per sperare di tornare a crescere e ridurre i debiti e il numero di disoccupati.

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