Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha invitato il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen a “dire al suo popolo che è arrivato il tempo per le due nazioni di vivere fianco a fianco in pace e in sicurezza”.
Il paternalismo è vecchio quanto l’umanità. Netanyahu non si è inventato niente di nuovo. Basta tornare al 1847, quando William Sidney Mount – un pittore che ho appena scoperto al Metropolitan museum – dipinse Il potere della musica. Nel quadro si vede un giovane violinista che suona in un fienile, e due uomini, uno seduto e l’altro in piedi, che lo ascoltano. Sono bianchi.
Fuori dal fienile, c’è un giovane lavoratore nero. Indossa una tuta blu e una sciarpa gialla, e ascolta con attenzione. Sul suo volto c’è un’espressione di gioia. Il quadro fu molto apprezzato durante la sua prima esibizione a New York nel 1847. Anche se alcuni hanno interpretato il divertimento dell’uomo e i suoi attrezzi posati in terra come un segno della pigrizia dei neri, facilmente sedotti dal fascino della musica, altri, fortunatamente, hanno pensato che il dipinto desse dignità ai neri.
Un altro quadro ha catturato la mia attenzione: quello del pittore tedesco emigrato Christian Friedrich Mayr, che nel 1836 dipinse alcuni neri durante una festa. Mayr aveva studiato in Germania. A differenza della maggior parte degli artisti del suo tempo (Mount escluso), riusciva a immaginare una società nera che funzionava alla perfezione.
Ci voleva uno sguardo esterno come il suo per rappresentare i neri nella loro normalità, senza ridurli a caricature. Allo stesso modo, ci vorrebbe un ebreo sudafricano per capire la sofferenza dei palestinesi.
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