Sono lusingata. Un’organizzazione di coloni di destra mi ha fatto un grande complimento. Secondo le “donne in verde” (Donne per il futuro di Israele), è anche per colpa mia se lunedì scorso la polizia ha visitato la casa della loro leader Nadia Matar nella colonia di Efrat, a sud di Betlemme. Gli agenti hanno ordinato lo sgombero entro 48 ore di un fazzoletto di terra dove il gruppo ha piantato alcuni alberi. La reazione dell’organizzazione è stata perentoria: “Il governo ha ceduto alle pressioni delle Nazioni Unite, di Ezra Nawi e di Amira Hass”.
Le Nazioni Unite hanno più volte denunciato l’aggressività delle donne in verde, che da anni portano avanti “campagne di riscatto della terra” piantando alberi nei terreni altrui. Ezra Nawi è un attivista di Taayiush (Vivere insieme), un’associazione israeliana che protegge gli agricoltori della Cisgiordania. E io sono orgogliosa di aver pubblicato un lungo articolo sugli “alberi del riscatto”. Le donne in verde hanno comprato uno spazio su Ha’aretz per replicare: “Questa terra è nostra! La Giudea e la Samaria appartengono al popolo ebraico da migliaia di anni. È arrivato il momento di riappropriarci della nostra terra come prevede il disegno di Dio”.
Quali che siano le ragioni dell’ordine di sgombero, è presto per esultare. I più importanti atti di “riscatto”, che in sostanza consistono nell’espropriazione dei terreni palestinesi, sono stati compiuti dall’amministrazione civile e dall’esercito israeliano.
*Traduzione di Andrea Sparacino.
Internazionale, numero 937, 24 febbraio 2012*
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