La scadenza decisiva è stata rinviata a sabato, quando dopo la battuta d’arresto di giovedì, Atene, i suoi partner europei e il Fondo monetario internazionale troveranno (o meno) un compromesso per evitare che la Grecia si ritrovi in default di pagamento il prossimo 30 giugno e sia costretta a uscire dall’euro tornando alla dracma, una moneta che sarà svalutata almeno del 50 per cento, con un debito colossale e la necessità di importare gran parte delle materie prime.

Per la Grecia sarebbe un cataclisma, e allo stesso tempo questo scenario metterebbe in dubbio la sopravvivenza della moneta unica. Per questo motivo il fallimento di questo negoziato apparentemente interminabile è tutto fuorché auspicabile. La Grecia, gli europei e l’Fmi lo sanno benissimo, ed è per questo che i vertici dell’ultima spiaggia si trasformano ogni volta nei vertici della penultima spiaggia. Il problema è che già in passato la logica e l’interesse comune non sono riusciti a prevalere.

Braccio di ferro

Non siamo ancora alla svolta negativa, ma questo pericolo è più che mai reale, per due motivi. Il primo è che il governo di sinistra di Atene non vuole tradire le sue promesse elettorali. Syriza aveva garantito la fine dell’austerità conquistando il favore dei greci, e se anche Alexis Tsipras volesse fare marcia indietro dovrebbe fare i conti con parlamentari pronti a metterlo in minoranza se dovesse spingersi troppo oltre sulla via delle concessioni.

A quel punto altri deputati (di destra, sinistra o centrosinistra) potrebbero accordargli il loro appoggio per formare una nuova maggioranza, ma non è detto che il primo ministro greco sia pronto a rinunciare così presto al suo tentativo di modificare le politiche europee.

Il secondo motivo per prendere sul serio il rischio di un fallimento del negoziato è che molti europei sono convinti che l’uscita della Grecia dall’eurozona sarebbe meno grave rispetto ad accordare reali concessioni al governo di Atene.

Per i paesi del nord culturalmente ostili al deficit di budget, per la destra al potere in Spagna spaventata dalla possibile affermazione di Podemos e per la destra tedesca che prende le distanze da Angela Merkel, un successo diplomatico di Syriza potrebbe compromettere la politica di risanamento dei conti pubblici in Europa ispirando altri paesi a seguire la strada indicata da Atene.

Il negoziato, insomma, somiglia sempre di più a un braccio di ferro ideologico e politico, e questo non facilita la ricerca di un compromesso che resta indispensabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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