Per risolvere un problema non c’è niente di meglio che drammatizzarlo. Questo metodo è molto diffuso ed efficace, ma quando il commissario europeo agli affari interni Dimitris Avramopoulos dichiara che la crisi dei profughi “mette in gioco l’unità dell’Europa” e rischia “di far crollare tutto il sistema”, purtroppo non sta affatto drammatizzando.

Avramopoulos dice semplicemente la verità. Il 25 febbraio l’ennesima riunione dedicata all’argomento dai 28 ministri dell’interno europei ha evidenziato che ciascun paese agisce di testa propria, che le frontiere interne continuano a chiudersi e che di questo passo, tra dieci giorni, non avremo per le mani solo una crisi dei profughi ma una vera crisi dell’Unione.

In piena crisi economica e politica, Ankara ha ben altre gatte da pelare che accogliere altri profughi

La data del 7 marzo sarà decisiva, perché dal dialogo è emerso chiaramente che se la Turchia non avrà contribuito a ridurre il flusso di profughi prima di allora, la prossima riunione dei ministri potrebbe decretare la morte dello spazio Schengen e della libera circolazione all’interno dell’Unione.

Piuttosto che applicare le soluzioni proposte dalla commissione e condividere il peso dei profughi (come si erano impegnati a fare) i paesi europei hanno scelto di fare affidamento su uno stato esterno. A sentire i leader europei tocca alla Turchia agire, perché l’Europa ha offerto ad Ankara tre miliardi di euro per controllare le sue coste, impedire ai profughi siriani di partire verso la Grecia e offrirgli una sistemazione dignitosa.

Il problema è che la Turchia rischia di sprofondare in una guerra civile con i suoi curdi. In piena crisi economica e politica, Ankara ha ben altre gatte da pelare che accogliere (a prescindere dai tre miliardi di euro) altri profughi in un momento in cui ne ospita già 2,7 milioni, quasi il triplo rispetto all’intera Unione europea.

La fine della libera circolazione

Se le navi della Nato inviate nell’Egeo respingeranno i profughi verso la Turchia, Ankara sarà costretta a fare qualche sforzo, ma non possiamo sperare che i turchi risolvano il problema in dieci giorni.

Che ci piaccia o no, a meno di voler affondare i barconi in alto mare, l’unica soluzione è quella della ripartizione dei profughi. Se i governi europei si ostineranno a opporsi (come sembra) assesteranno un colpo durissimo alle loro economie mettendo fine alla libera circolazione delle persone e delle merci.

Come se non bastasse, i paesi che per primi accolgono i rifugiati, ovvero l’Italia e la Grecia, saranno letteralmente invasi, e senza una solidarietà europea sui profughi non ci sarà alcuna solidarietà nemmeno in altri ambiti.

Con una vigliaccheria da cui sembra essere immune solo Angela Merkel, i leader europei stanno mettendo in pericolo l’Unione, perché inevitabilmente una simile sbandata porterebbe alla Brexit, che a sua volta innescherebbe altri fallimenti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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