Lo scorso 7 novembre Donald Trump si trovava a Seoul. Erano i primi giorni del suo viaggio in Asia, che aveva come tema principale le ambizioni nucleari della Corea del Nord. Il presidente americano si mostrava ottimista.

“Vedo che alcune cose si stanno muovendo”, aveva detto, parlando di un “grande progresso”. E invece ieri è arrivato un nuovo lancio di un missile nordcoreano verso le acque giapponesi. Il test balistico è un gesto di sfida di Pyongyang verso gli Stati Uniti e il resto del mondo, eppure Trump si è limitato a promettere che “gestirà la situazione”. Il mondo ha reagito in modo prudente, perché la vicenda nordcoreana è un rompicapo.

Possiamo presumere che il regime di Kim Jong-un non abbia intenzione di incenerire nessuno e che il suo unico obiettivo sia quello di garantirsi la sopravvivenza scoraggiando qualsiasi tentativo di rovesciarlo, dunque dovremmo abituarci all’idea che presto possa dotarsi di missili nucleari.

È un punto di vista logico, che spesso abbiamo sostenuto in questa rubrica. E al di là delle dichiarazioni pubbliche, abbastanza moderate, è lo stesso punto di vista del presidente sudcoreano, che non ha alcuna voglia che un attacco contro le strutture nucleari della Corea del Nord la spinga a seppellire Seoul sotto un tappeto di bombe.

In questa crisi non esistono soluzioni semplici, ma ammettiamo per un istante che questo punto di vista prevalga, anche se non è scontato.

Prospettive
La Corea del Nord diventerebbe una potenza nucleare a tutti gli effetti. Molti altri paesi, non solo l’Iran ma tutte le dittature e le democrazie che si sentissero minacciate a torto o a ragione, penserebbero che basterebbe mostrare la stessa audacia di Pyongyang per dotarsi dell’arma atomica. La Corea del Nord aiuterebbe questi paesi, naturalmente a pagamento. Nel giro di pochi anni il numero di potenze nucleari potrebbe quadruplicare, e la possibilità (già oggi presente in Pakistan) che un gruppo terrorista si impossessi di un’arma atomica creerebbe un enorme problema di sicurezza internazionale.

Questo scenario è preoccupante tanto quanto il rischio di un annientamento di Seoul. È per questo che ci sono persone, non guerrafondai scriteriati ma spiriti calmi e razionali, convinte che non bisogna aspettare un giorno di più per mettere fine, con la forza, al programma nucleare di Pyongyang.

Quando i nordcoreani potranno davvero usare la bomba sarà troppo tardi, ribadiscono. Un attacco abbastanza deciso potrebbe scongiurare le rappresaglie da parte della Corea del Nord, e la sua ubuesca e deprecabile dittatura non sopravviverebbe alla sconfitta. Sulla carta è una soluzione altrettanto logica. Ma, naturalmente, la realtà è un’altra cosa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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