A prescindere dai piani di Putin, bisogna tendere la mano alla Russia. È indispensabile, perché Putin o non Putin la Federazione russa è uno dei due pilastri del vecchio continente insieme all’Unione europea.

Senza un accordo tra Bruxelles e Mosca, non solo non ci sarà mai una stabilità continentale, ma dopo l’Ucraina arriveranno altri focolai di tensione, alimentando una crisi generale che potrebbe degenerare in una guerra.

La situazione è questa. Il rischio enorme impone fermezza e audacia diplomatica. Senza sollevare un polverone, dobbiamo comunque evitare di riconoscere l’annessione della Crimea, così come non possiamo ignorare l’ingerenza russa in Ucraina orientale, chiudere un occhio davanti al sostegno accordato da Putin al criminale Bashar al Assad, permettere che i servizi segreti russi usino armi chimiche in territorio britannico e tacere sull’autoritarismo e il disprezzo delle libertà politiche manifestati dal presidente russo.

L’esempio degli accordi di Helsinki
Sanzioni economiche, denunce politiche e contromisure militari: servono evidentemente reazioni inflessibili. Ma questo non deve impedirci di provare a proporre alla Russia il negoziato su un modus vivendi.

L’Unione Sovietica di Leonid Brežnev era più aggressiva, destabilizzante e dittatoriale della Russia di Putin, eppure all’epoca l’occidente ha negoziato e firmato gli accordi di Helsinki.

In quel caso si era riusciti ad allentare la tensione. Il reciproco riconoscimento dell’intangibilità delle frontiere europee ha rafforzato la sicurezza del continente e allontanato la guerra. Inoltre un codice di buona condotta ha permesso di stabilire regole del gioco e definire valori e princìpi comuni.

Quello che è stato possibile con Brežnev sarebbe possibile anche con Putin, tanto più se consideriamo che la Russia non è la potenza che è stata l’Urss, che il suo prodotto interno lordo è quello di una potenza media, che Mosca ha un enorme bisogno di investire nelle sue infrastrutture e che non ha il denaro per farlo.

È il momento di proporre a Putin la ricerca di un accordo di cooperazione e di sicurezza tra l’Ue e la Federazione russa

In Russia sta crescendo un malessere sociale, tanto che subito dopo la vittoria elettorale Putin ha promesso di non aumentare le spese militari nei prossimi due anni e dedicarsi più ai problemi interni del paese che ai fronti esterni. “Costruiremo i nostri rapporti con tutti i paesi del mondo, sempre che i nostri partner siano aperti al dialogo”, ha dichiarato.

Non c’è motivo di ignorare queste frasi. Il presidente non solo è alle prese con le attese del suo popolo, ma in Medio Oriente si è messo nelle mani degli iraniani ed è impantanato in Ucraina dove non può più avanzare né arretrare. Per questo è il momento adatto di aprire uno spiraglio.

È il momento di proporre a Putin la ricerca di un accordo di cooperazione e di sicurezza tra l’Unione e la Federazione. La firma di un accordo simile non trasformerebbe la Russia in una democrazia, ma se riusciremo a garantire la sopravvivenza delle frontiere nate dal crollo sovietico, a investire il denaro dell’Ue sulle risorse naturali russe e a metterci d’accordo sulla neutralità di paesi-ponte tra le due potenze del continente, avremo già fatto molto per la stabilità e lo sviluppo del continente Europa.

E se non funzionasse? Be’, è possibile, ma in ogni caso l’Unione avrebbe mostrato ai russi di non essergli ostile e che l’unico ostacolo verso la pace e il miglioramento del loro tenore di vita si trova a Mosca, nel Cremlino, nell’ufficio del loro presidente.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it