Il “tutto o niente” non è un atteggiamento valido in un vertice europeo. Al contrario, per riuscire a conciliare le esigenze di paesi molto diversi tra loro, è indispensabile ricorrere al compromesso permanente, il fondamento della cultura europea.
Il problema è che in questo modo l’unità avanza molto lentamente e spesso a forza di decisioni poco comprensibili, ma resta il fatto che il compromesso permette di andare avanti anziché ritrovarsi continuamente in fase di stallo. È per questo che giovedì sera l’Italia ha suscitato lo stupore del Consiglio europeo.
I 28 capi di stato di governo si erano messi d’accordo su difesa e commercio (critica del protezionismo americano e passi avanti verso la difesa comune) grazie a una convergenza che sembrava portare all’unanimità richiesta. E invece no, è arrivato il patatrac.
Roma contro tutti
L’Italia ha detto “no”, comunicando che non avrebbe firmato nulla e avrebbe bloccato tutto fino a quando non si fosse trovato un accordo sull’immigrazione. A quel punto tutti si sono scagliati contro gli italiani, perché non si può lavorare in questo modo. Ma qual è il significato di quanto accaduto? E quali conclusioni possiamo trarne?
L’Italia, in sostanza, voleva che i partner s’impegnassero a condividere il peso dei rifugiati che hanno diritto all’asilo anziché lasciare che sia il governo di Roma a farsi carico di tutti i migranti (o quasi) con la giustificazione che sbarcano sulle coste italiane. I paesi dell’Europa centrale, anch’essi governati da forze nazionaliste teoricamente vicine ai nazionalisti che governano a Roma, non volevano saperne di una soluzione del genere. Allora la Francia ha preso la situazione in mano e all’alba di venerdì si è arrivati a un compromesso basato su tre grandi punti.
Il primo è che ci sarà una ripartizione dei rifugiati politici, ma su base volontaria. Il secondo è che, sempre volontariamente, alcuni paesi europei creeranno centri d’accoglienza dove distinguere tra migranti economici, passabili di espulsione, e rifugiati che hanno diritto d’asilo. Il terzo punto, infine, verte sul rafforzamento della sorveglianza comune delle frontiere dell’Unione.
Sono tre anche le conclusioni da trarre da questa lunga notte. La prima è che il nazionalismo non porta ad altro che all’esasperazione delle divergenze all’interno dell’Unione, senza fornire alcuna soluzione. La seconda è che nessuno vuole provocare il collasso dell’Unione, che nella notte del Consiglio europeo ha ottenuto invece una vittoria. La terza è che al centro dei compromessi europei, in questo momento, c’è sempre la Francia.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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