Comincia oggi in Cile il governo di Gabriel Boric, il più giovane presidente della storia del paese – ha compiuto da poco 36 anni – e rappresentante di una sinistra emersa con il movimento studentesco del 2011 e poi con le proteste sociali contro le profonde disuguaglianze scoppiate nell’ottobre del 2019. Una particolarità dei primi mesi del suo mandato sarà la convivenza con l’assemblea costituente, che sta lavorando intensamente per presentare una proposta di costituzione. Almeno fino a questo momento, la nuova carta cambierebbe notevolmente l’impianto istituzionale cileno che risale alla dittatura del generale Augusto Pinochet.

Il tempo corre veloce e l’assemblea, che si è insediata la scorsa estate, si scioglierà il 4 luglio, come previsto dalla legge. L’organo è composto da sette commissioni tematiche che devono scrivere le loro proposte, approvarle a maggioranza semplice e poi presentarle all’assemblea plenaria, dove dovranno essere approvate dai due terzi dei costituenti. Il testo finale sarà poi sottoposto a un referendum, probabilmente il prossimo settembre. Tra gli articoli approvati finora ci sono quelli che riconoscono l’autonomia politica, economica e amministrativa delle varie regioni e dei territori indigeni.

Il destino della presidenza di Boric, il suo successo o insuccesso, è strettamente legato a quello della costituente, dove le persone vicine alla sinistra sono la maggioranza, anche tra gli indipendenti. Il nuovo presidente dovrà anche fare i conti con la crisi economica causata dalla pandemia, con la pressione migratoria nel nord del paese, che ha dato luogo a episodi razzisti e xenofobi soprattutto nella città settentrionale di Iquique, e con il conflitto mapuche nella regione dell’Araucanía, nel sud del paese. Senza tralasciare ovviamente le questioni legate ai diritti umani e alle violazioni commesse durante le proteste del 2019, in particolare dal corpo di polizia dei carabineros, di cui molti elettori di Boric chiedono una riforma strutturale.

In cerca di un equilibrio
Sul suo governo ci sono grandi aspettative, soprattutto quelle di un movimento che prima dell’inizio della pandemia era sceso in piazza per protestare contro le profonde disuguaglianze del paese e per chiedere una riforma della sanità, dell’istruzione e del sistema previdenziale in mano ai privati. Boric dovrà essere abile a bilanciare le esigenze di un rinnovamento profondo con quelle di molti altri cileni e cilene che non l’hanno votato e vedono con timore la sua presidenza. Come ha scritto il giornalista Cristian Ascencio, per il presidente uno dei compiti più difficili “sarà trovare un equilibrio tra chi si aspetta dei cambiamenti radicali, in sintonia con lo spirito di rinnovamento delle proteste dell’ottobre 2019, e chi vuole costruire un Cile più giusto ma non condanna l’apertura economica verso il mondo. Senza che questo significhi creare un apparato statale onnipotente”.

Intanto Boric ha già dimostrato di essere sensibile alla crisi climatica e alle questioni di genere, prendendo in modo chiaro le distanze da una sinistra populista e autoritaria che governa in altri paesi della regione, in particolare dal Venezuela e dal Nicaragua. Secondo alcuni commentatori, la sua presidenza si avvicinerà a quella di José “Pepe” Mujica in Uruguay, con politiche progressiste e rispettose delle istituzioni. Un altro dato certo è che il suo governo, formato più da donne che da uomini, avrà una chiara impronta femminista: “Quello che voglio chiedere, in particolare agli uomini della mia squadra, è di prendere la questione sul serio”, ha detto il presidente qualche giorno prima di insediarsi. “Far parte di un governo femminista significa cambiare il modo in cui ci relazioniamo alle cose e in cui osserviamo il mondo”.

Il ministero per la donna e la parità di genere sarà guidato dalla giornalista e attivista Antonia Orellana, 32 anni, che ha lavorato nella Red chilena conta la violencia hacia las mujeres, un’organizzazione che si batte contro la violenza sulle donne. Con il presidente cileno Orellana condivide da tempo la passione politica e la militanza, oltre a far parte entrambi di un piccolo partito, Convergencia social, che meno di un anno fa è riuscito a raccogliere le firme necessarie per la candidatura alla presidenza di Boric. Riguardo alla situazione delle donne in Cile, Orellana ha detto in un’intervista al quotidiano spagnolo El País che il paese vive una profonda contraddizione, perché da una parte le donne hanno accesso a posizioni importanti, ma dall’altra questi spazi di potere e privilegi riguardano solo una minoranza di persone. Un obiettivo di questo governo, crede, sarà “aprire una finestra di dialogo attraverso cui le donne di età diversa e provenienza sociale e culturale differenti potranno collaborare per ottenere risultati concreti”. Dimostrando così che l’attivismo non si ferma al momento della protesta, ma si traduce in cambiamenti.

È un buon punto di partenza.

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