L’11 gennaio la cerimonia di apertura del World youth forum a Sharm el Sheikh, organizzata dal regime egiziano, ha scatenato una valanga di commenti ironici e provocato molta amarezza sui social network egiziani. E ha segnato una nuova tappa nell’incredibile itinerario di Bella ciao, dalle mondine nelle risaie del delta del Po alla fama globale grazie a Netflix.

Per i lettori italiani non serve ricordare la portata rivoluzionaria e libertaria della canzone dei partigiani. L’itinerario storico della canzone delle mondine – dalla resistenza partigiana al riconoscimento internazionale grazie al cantante italo francese Yves Montand (nato Ivo Livi) negli anni sessanta, fino alle interpretazioni di Mercedes Sosa, durante il suo esilio dalla dittatura argentina, di Manu Chao e Tom Waits – è stato ricordato in un bell’articolo, con audio originali, del Financial Times, che ritorna alle sue radici lontane.

La canzone partigiana è stata ripresa più recentemente da varie persone e in luoghi diversi, dagli stadi di calcio ai manifestanti turchi contro il presidente Recep Tayyip Erdoğan, dai gilet gialli in Francia ai giovani che protestavano in Brasile o in Colombia. Ma ha ricevuto nuova vita nel 2017 con la serie spagnola La casa di carta, dove un gruppo di banditi prende d’assalto la banca centrale spagnola e decide di stampare moneta, facendo volare le banconote dalle finestre in una moderna versione di Robin Hood.

Ironia e smarrimento
L’11 gennaio Bella ciao è stata cantata, in quanto colonna sonora della serie di Netflix, all’apertura del World youth summit a Sharm el Sheikh da un gruppo di giovani del Sudafrica. In prima fila il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, responsabile secondo Human rights watch di decine di migliaia di arresti di attivisti e oppositori, era al settimo cielo, con un sorriso soddisfatto stampato in faccia. All’evento era stata invitata anche un’attrice della Casa di carta, la spagnola Itziar Ituño, il cui personaggio decide di lasciare la polizia per unirsi alla banda di rivoluzionari armati e attaccare le autorità.

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Il World youth forum è organizzato dal regime egiziano dal 2017, come una grande kermesse di tipo nordcoreano che ha l’obiettivo di riabilitare la sua immagine agli occhi di una popolazione giovane a cui ha rubato i sogni di libertà e democrazia, ma anche di “far crescere il turismo in Egitto”, come ha affermato Zahi Hawass, ex ministro del patrimonio culturale. Per i giovani egiziani non invitati all’evento la canzone Bella ciao è stata il paradosso di troppo: i social network sono esplosi, divisi tra ironia, amarezza e un grande sentimento di smarrimento davanti all’assurdità della situazione, esattamente undici anni dopo i giorni della rivoluzione di piazza Tahrir.

Alla presenza di un tiranno
T. Hashem risponde al tweet presidenziale con la traduzione del testo della canzone dall’italiano all’arabo: non dovrebbero servire altri commenti. Un altro utente, Abbas Naseri, giudica la scelta di una “stupidità senza limiti. Una canzone rivoluzionaria in presenza di un tiranno!”. Ci sono poi molti tweet ironici falsamente ingenui come quello di Azza Matar, che scrive al presidente: “Spero che lei faccia circolare la canzone Bella ciao nelle scuole”. Amin Sari dal canto suo spiega: “Qualcuno sa che Bella ciao è un brano contro l’ingiustizia e la tirannia cantato dai lavoratori per protestare contro le dure condizioni di lavoro? Una canzone antifascista e rivoluzionaria? Quest’ultimo evento di Al Sisi racchiude tutto il teatro dell’assurdo nel nostro paese e la sua dolorosa realtà”.

Il quotidiano indipendente Al Araby al Jadid afferma: “I giovani egiziani sui social network hanno deriso gli organizzatori della cerimonia di apertura del forum, perché sono convinti che i funzionari non capissero le parole della canzone che incita alla rivoluzione contro loro stessi”.

Ferite aperte
Per la rivista politica e culturale Raseef22 oltre all’ignoranza del regime bisogna considerare anche il simbolismo della scena: “C’è una conferenza organizzata dallo stesso stato in cui tutti coloro che sono legati alla rivoluzione, da lontano o da vicino, sono imprigionati o in esilio, e dove ogni forma di giornalismo che non segue il regime è bandito, dove i libri sono sequestrati e le case editrici chiuse. E ci sono anche i loro rappresentanti che siedono davanti al palco con la bocca aperta, che battono le mani al ritmo di una canzone rivoluzionaria creata per resistere a persone della loro specie, pensando che sia solo una bella melodia”.

Sulla stampa del regime, che sia ignoranza o negazione della realtà, Bella ciao è presentata come una “bella canzone dal registro classico tornata di moda grazie alla serie La casa di carta”, come scrive Youm al Sabaa che cita anche Ituño, arrivata a Sharm el Sheikh felicitandosi del fatto che “la cultura abbia un grande ruolo nel curare le nostre ferite. Grazie a lei possiamo superare le sfide importanti di oggi con più determinazione”.

L’effetto orwelliano è abbastanza forte, se si pensa al destino di giovani rivoluzionari come Alaa Abdel Fattah e ad altri, che stanno invecchiando in carcere, detenuti da anni con accuse infondate. Senza dubbio La casa di carta non curerà nessuna loro ferita.

Errata corrige. Mercedes Sosa era in esilio dalla dittatura argentina e non da quella cilena, come precedentemente scritto.

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