Perché nostro figlio di due anni e mezzo, a cui proponiamo giochi senza distinzione di genere, s’interessa solo alle ruspe?–Michela

Quando io e mio marito siamo diventati padri di due gemelle, circa sette anni fa, ci chiedevamo se le bambine sarebbero cresciute come due maschiacci. Poi è stato chiaro che non era così: diademi, bacchette magiche e crinoline non erano mai abbastanza e a un certo punto gli abbiamo regalato anche ruspe, macchinine e supereroi.

Tre anni dopo è arrivato un fratellino, che si è convinto di essere una delle Tartarughe Ninja. Con la catana in mano e una fascetta legata in fronte, si apposta dietro gli angoli per sferrare attacchi a sorpresa contro il primo malcapitato. Quando gli chiedi “ma tu sei un bambino o una tartaruga?” lui non ha dubbi: “Una tartaruga”.

Come vedi, anche in una famiglia dove ci dovrebbero essere meno stereotipi, le cose vanno così. E non perché la ruspa sia scritta nel dna dei maschi, ma perché gli stereotipi sono radicati in tutto ciò che ci circonda: nell’asilo, nei negozi di giocattoli, nei regali delle nonne. Perfino noi genitori li trasmettiamo senza rendercene conto: in fondo sono stato io il primo a regalare una Tartaruga Ninja a mio figlio. Insieme ai figli dobbiamo crescere anche noi e imparare a contrastare gli automatismi che relegano i bambini e le bambine in un certo ruolo. Il vostro esempio e le vostre parole saranno ancora più importanti dei giochi per crescere una persona completa.

Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 a pagina 14 di Internazionale, con il titolo “Ruspe e diademi”. Compra questo numero | Abbonati

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