Alberto Giuffré, Un’altra America
Marsilio, 118 pagine, 15 euro
L’America raccontata da Alberto Giuffré è un paese un po’ bislacco composto da otto piccole città (alcune benestanti, altre dimenticate da dio e dagli uomini) accomunate solo dai loro nomi “italiani”. Sono Rome, Georgia; Milan, Ohio; Verona, New Jersey; Venice, California e così via. Otto località sparse ai quattro angoli del continente. La peggiore è la desolata Pàlermo, North Dakota. È un centro del fracking: qui l’indotto consiste in numerosi club per spogliarelliste, le donne vengono spesso aggredite e anche le cameriere vanno in giro con la pistola elettrica.
Più che una lieta cittadina del sogno americano, somiglia a un territorio violato da un brutale sfruttamento coloniale. Geno’a (sic), Nevada, è stata battezzata con lo stesso nome della squadra italiana di calcio, anche se nessuno sa perché. Naples, Florida, è un borgo agiato sul Golfo del Messico, forse chiamato Napoli in onore di Achille Murat, esule a Tallahassee, Florida, dopo la fucilazione del padre Gioacchino, il re di Napoli. Da una parte abitano i miliardari, dall’altra gli immigranti ispanici che raccolgono pomodori per un salario di meno di quattro dollari all’ora. Anche se il filo conduttore di questo viaggio a volte si perde, all’autore non mancano la curiosità e l’entusiasmo.
Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2016 a pagina 84 di Internazionale, nella rubrica Italieni. Compra questo numero | Abbonati
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