Ci sono voluti dieci anni, ma alla fine il processo contro i poliziotti accusati di essere responsabili della morte di Zyed Benna e Bouna Traoré, la scintilla che aveva scatenato le sommosse dell’inverno del 2005 nelle banlieues francesi, è cominciato. I due agenti devono rispondere di omissione di soccorso per non essere intervenuti quando i due adolescenti, inseguiti dai poliziotti, si erano nascosti in una cabina elettrica, dove erano poi morti folgorati, a Clichy-sous-Bois, un quartiere popolare a nordest di Parigi.

Pochi minuti dopo che si era sparsa la notizia della morte di Zyed e Bouna una prima automobile era stata incendiata a Sevran, ricostruisce Le Monde. Altre diecimila erano seguite nelle tre settimane successive in diverse località del paese, e in particolare nei quartieri popolari, nei disordini più importanti che la Francia ha conosciuto dal ’68, al punto che era stato decretato lo stato di emergenza. In quei giorni un numero imprecisato di edifici e di mezzi pubblici sono stati incendiati, tremila persone sono state arrestate, oltre 56 poliziotti e un numero imprecisato di dimostranti sono stati feriti.

Un primo processo per omissione di soccorso contro i due agenti, Sébastien Gaillemin e Stéphanie Klein, si è concluso nell’aprile del 2011 con il non luogo a procedere nei loro confronti, dopo “un’interminabile procedura con infiniti colpi di scena dovuta alla diversa visione dei fatti da parte dei giudici istruttori e della procura”, ricapitola Le Parisien. La procura ha ritenuto che i due poliziotti non fossero al corrente della presenza dei ragazzi nella cabina elettrica. Ma nell’ottobre del 2012 la corte di cassazione ha stabilito che il processo andava rifatto e ha rinviato i due a giudizio dinanzi alla corte d’appello di Rennes, in Bretagna, a quattrocento chilometri da dove sono avvenuti i fatti, anche per motivi di ordine pubblico. I due agenti rischiano fino a cinque anni di reclusione e 75mila euro di multa.

La prima udienza del nuovo processo si è svolta il 16 marzo, in un’atmosfera tesa e con diverse decine di poliziotti dispiegati davanti al tribunale. Ottantacinque i giornalisti accreditati, tra cui numerosi stranieri. Un collettivo ha organizzato delle dimostrazioni quotidiane davanti al tribunale fino a venerdì 20 marzo, quando dovrebbe avere luogo l’ultima udienza. Una manifestazione è anche prevista per il 18 marzo, sempre a Rennes. Le famiglie di Zyed e Bouna, che si erano costituite parti civili, sperano in un “processo della riconciliazione”, che stabilisca che “i bambini delle banlieues hanno diritto alla protezione contro gli eccessi del potere”.

In dieci anni alcune cose sono cambiate a Clichy-sous-Bois: le case popolari fatiscenti e con gli ascensori perennemente in panne, dove si ammassavano le famiglie più disagiate, sono state demolite e al loro posto sono state costruite delle palazzine, mentre un commissariato è stato aperto per garantire la presenza della polizia di quartiere. Negli ultimi anni non sono state segnalate violenze particolari in questo comune di 30mila abitanti tra i più poveri della regione di Parigi, ma alcuni problemi rimangono: il 25 per cento degli abitanti in età lavorativa è disoccupato e la linea di tram, che avrebbe dovuto rompere l’isolamento geografico di Clichy-sous-Bois, è ancora in alto mare.

Le sommosse del 2005 hanno contribuito a far capire all’opinione pubblica che l’integrazione alla francese non funziona: una parte non indifferente di cittadini francesi sono condannati di fatto a rimanere ai margini della società e a scontrarsi contro un soffitto di vetro a causa dell’origine dei genitori (o dei nonni) e del luogo dove abitano. Le proteste hanno lasciato in eredità diverse associazioni di solidarietà che hanno stemperato le violenze dell’epoca e contribuito al dialogo. E hanno dato vita anche al Bondy Blog, un giornale online lanciato nel pieno delle sommosse dal giornalista svizzero Serge Michel per dare voce ai giovani giornalisti e blogger della banlieue parigina e diventato ora un punto di riferimento sull’attualità delle periferie delle città francesi. Quanto all’integrazione, come sottolinea Le Monde, “non è mai stata innalzata al livello di priorità nazionale, né politica né economica. Dieci anni dopo Clichy-sous-Bois, l’islam è diventato il tratto caratteristico delle banlieues. Colmando in parte il vuolo delle vecchie ‘banlieues rosse’, il fondamentalismo ha esteso la sua influenza. Gli attentati di inizio gennaio sono la prova più terribile di questo fallimento”.

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