Con questo concerto di mezzanotte dei Pontiak, band stoner rock statunitense, è finito il mio South By Southwest. Come l’anno scorso, il bilancio è positivo. Il festival di Austin si conferma un evento ricco e interessante, in tutte e tre le sue anime (Interactive, Film, Music).

Le spie sono tra noi. Se c’è un tema che ha dominato l’Interactive, sezione dedicata a tecnologia, business, innovazione e giornalismo, c’è sicuramente la privacy. Gli interventi di Edward Snowden, Julian Assange e Glenn Greenwald ne sono la prova. Ma, al di là dei nomi di cartello, sono stati tanti gli eventi dedicati a questo argomento.

Gli statunitensi, dopo lo scandalo Datagate, sono preoccupati. O perlomeno, senza fare considerazioni troppo generali, lo sono le élite intellettuali che si sono ritrovate qui a Austin. E, come ha scritto Stuart Dredge sul Guardian, il dibattito sulla privacy online è appena cominciato. E in Italia? Il Datagate ha trovato a malapena spazio sulle pagine dei giornali, figuriamoci.

Rispetto all’anno scorso, lo spazio dedicato ai social network è diminuito. Forse perché il mercato comincia a essere un po’ più saturo. E la nuova frontiera sono le tecnologie da indossare. Non a caso, Google ha annunciato proprio al South By Southwest l’arrivo di software gratuiti basati su Android per le tecnologie da indossare.

Artpop. Per quanto riguarda la musica, questo è stato un anno di svolta per il South By Southwest. Il keynote speech di Lady Gaga è stato un segnale di apertura al mondo del pop, un cambio di direzione rispetto ai mostri sacri del rock protagonisti delle scorse edizioni (Lou Reed, Bruce Springsteen, Neil Young, Dave Grohl). Ammesso che fosse Gaga la prima scelta, e non Bono degli U2.

L’annuncio così tardivo del keynote, che di solito arriva molti mesi prima dell’inizio del festival, deve far pensare. Il discorso della popstar statunitense, per la cronaca, è stato abbastanza deludente.

Il programma musicale è stato comunque impressionante: al di là dell’accoppiata Kanye West Jay-Z, in questo momento i due rapper più famosi del mondo, ma anche di Coldplay, Soundgarden e Willie Nelson, c’era l’imbarazzo della scelta.

Il mio concerto preferito resta quello di St. Vincent, che si è presentata al festival con un disco bellissimo e una performance all’altezza. Sembra aver raggiunto la maturità artistica, anche grazie al maestro David Byrne. Tra gli emergenti segnalo i Syd Arthur, i Temples e i Jungle.

Tra le conferenze musicali non ci sono dubbi: l’intervento di Neil Young, arrivato ad Austin per lanciare il suo lettore audio Pono, non è stato solo la presentazione di un prodotto. Ma il discorso di un grande artista, uno dei pochi veri miti del rock rimasti, che ha spiegato al suo pubblico cos’è secondo lui la musica. Un attacco frontale all’mp3 e all’industria discografica, ironico e pungente. Un’ora di parole, senza nemmeno una riga di appunti, che ha stregato appassionati e profani.

Mea culpa. Devo confessarlo: tutto preso com’ero dalle conferenze e dai concerti, non ho visto neanche un film. Consiglio per gli sviluppatori dell’anno prossimo: serve un’app per il dono dell’ubiquità. Così si riesce a vedere ogni singolo evento del festival, senza rimpianti.

Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma

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