Lasciando da parte per un attimo ogni considerazione politica e ogni giudizio sul modo con cui Matteo Renzi è arrivato al potere, bisogna riconoscere che il risultato che ha ottenuto alle elezioni europee, ad appena cinque mesi dalla sua nomina alla guida del Partito democratico, è sorprendente.

Ha cancellato Berlusconi, ridimensionato Grillo, ricevuto quell’investitura popolare che tanti gli rimproveravano di non aver cercato, raggiunto il 40 per cento dei voti (prima volta nella storia di un partito di centrosinistra in Italia) pur lasciando uno spazio aperto alla sua sinistra, il tutto con un’affluenza alta e un risultato geograficamente omogeneo.

E anche guardando al resto dell’Europa, dove il voto ha premiato molti partiti di destra, populisti e xenofobi, la vittoria di Renzi appare clamorosa. Perché smentisce la teoria secondo cui le elezioni puniscono chi è al governo, arriva alla vigilia del semestre di presidenza italiana, si guadagna il rispetto dei socialdemocratici tedeschi, dei socialisti francesi e dei laburisti britannici, ed è un risultato eccezionale condiviso con la sinistra greca di Alexis Tsipras (sarebbe bello, tra l’altro, se i due riuscissero a dialogare).

Oggi il Partito democratico è, per numero di deputati, il primo partito del parlamento europeo. “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”, diceva Ben Parker al nipote, Spider Man.

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