Le grandi manifestazioni per la pace del 2003, quando in tutto il mondo milioni di persone chiesero agli Stati Uniti di non attaccare l’Iraq, rimasero inascoltate. Ma se si parla di guerra non serve un referendum per sapere come la pensano i cittadini di tutto il pianeta.
Anche François Hollande lo sa, e se decide di bombardare Raqqa è pure per piccoli calcoli politici (le prossime elezioni regionali, il timore di un successo del Front national di Marine Le Pen). Vuole apparire sicuro di sé, forte e deciso ma, come ha scritto lo storico indiano Vijay Prashad sul sito di Internazionale, lui e gli altri leader politici occidentali sembrano solo “bambini alle prese con i loro giocattoli: non vedono la sofferenza umana e i terribili risultati delle loro terribili scelte politiche”.
La realtà è che tutto il mondo è in guerra da almeno quattordici anni. I bombardamenti sono in paesi lontani, ma negli Stati Uniti e in Europa, oltre ai terribili attentati, ci sono l’aumento sproporzionato dei controlli, la sospensione indiscriminata di alcuni diritti civili, la militarizzazione delle città, l’uso strumentale del clima di tensione per imporre scelte politiche altrimenti improponibili, il rafforzamento di uno spirito nazionalistico e di chiusura al mondo esterno. Dire no alla guerra non significa soffocare l’emozione, il dolore o la rabbia per quello che è successo a Parigi.
Bisogna condannare e combattere il terrorismo, ma anche resistere alla paura e al desiderio di vendetta. E al tempo stesso provare a percorrere un’altra strada, per quanto lunga, complicata, incerta: cercare insieme alternative e soluzioni condivise, ridefinire gli assetti geopolitici, distribuire in modo più equo le risorse del pianeta, dotare gli organismi multinazionali di poteri reali. È questo il compito della politica.
Circola in rete una frase di Paul Valéry, poeta francese nato nell’anno della Comune di Parigi e morto alla fine della seconda guerra mondiale, che dice bene una cosa semplice: “La guerra è un massacro tra persone che non si conoscono a vantaggio di persone che si conoscono ma non si massacrano”.
Questa rubrica è stata pubblicata il 20 novembre 2015 a pagina 5 di Internazionale, con il titolo “Cercare”. Compra questo numero| Abbonati
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