Quando Bradley Manning ha annunciato di voler diventare una donna e di volersi chiamare Chelsea, nelle redazioni statunitensi si è aperto un dibattito su come dare la notizia: usare il nome e il genere indicato dalla persona transgender, come raccomandano i manuali di stile, o continuare a usare il maschile e il vecchio nome, quello che tutti conoscono?
L’Huffington Post, per esempio, ha scelto il femminile. Il New York Times il maschile: “Passando improvvisamente a un altro nome avremmo solo creato confusione”, ha spiegato il managing editor Dean Baquet. “Non è una decisione politica. È una decisione che tiene conto dei lettori”. Brian Stelter, il media editor, ha osservato che “in questo caso il vecchio nome e il nome attuale sono la notizia”, ed è per questo che il New York Times li ha usati entrambi. I giornali italiani hanno fatto lo stesso, riferendosi a Manning per lo più al maschile.
E in futuro? Come si farà a parlare di Manning in modo chiaro, rispettando la sua condizione di transgender? Secondo la public editor del New York Times, Margaret Sullivan, bisognerà “usare il femminile e spiegarlo”. Internazionale ha chiesto un parere a Porpora Marcasciano, presidente del Movimento identità transessuale, che ha dato ragione a Sullivan.
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