“Le virgole e gli altri segni di interpunzione sono strani animali”, ci scrive Vincenzo Oliva commentando le riflessioni della settimana scorsa sulla virgola. È vero: da un lato seguono le regole grammaticali, dall’altro si piegano agli usi più diversi a seconda delle esigenze espressive di chi scrive.
Il nostro lettore ricorda che Alberto Moravia scrisse la prima versione degli
Indifferenti senza punteggiatura. “Ogni frase mi veniva fuori con la proprietà ritmica e solitaria di un verso”, ha raccontato lo scrittore romano. Come osserva Francesca Serafini nel suo libro Questo è il punto (Laterza 2012), “non sono pochi gli autori che avanzano dubbi nell’uso di punti e virgole”.
In Italia il più radicale è stato Filippo Tommaso Marinetti, che nel Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912) proponeva di abolire la punteggiatura in favore di “uno stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti”. Giacomo Leopardi era convinto che “spesse volte una virgola ben messa dà luce a tutto il periodo”, ma era molto severo nei confronti di altri segni d’interpunzione: “Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io?”, scriveva nello Zibaldone. “Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica”.
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