W.G. Sebald, Gli anelli di Saturno

Adelphi, 307 pagine, 20 euro

Viaggiando nel Suffolk verso la metà degli anni novanta, lo scrittore Winfried Georg Maximilian Sebald registrava con penna e macchina fotografica quello che vedeva e gli tornava in mente durante quel cammino.

Tornato a casa riprese gli appunti e li approfondì con ricerche e studi. Come e più di altri resoconti, quello di Sebald non serve tanto a capire il viaggio quanto il viaggiatore. Di lui emerge la spiazzante capacità di trovare sempre nuove vicende utili a dimostrare che la storia è una lunga serie di distruzioni.

Con l’esattezza di uno studioso di epidemie, Sebald affastella una dopo l’altra grandi e piccole catastrofi. La ricerca relativa a un teschio conservato nel museo dell’ospedale in cui si trova a essere ricoverato lo porta a riflettere sulla dissezione di cadavere raffigurata in un celebre quadro di Rembrandt.

Un documentario visto alla televisione lo porta a raccontare dei massacri compiuti dai belgi nell’esplorazione del Congo. La visita a un villaggio di pescatori gli consente di raccontare la bizzarra evoluzione delle aringhe nell’inquinato mare del Nord, e così via.

La lettura di questo “pellegrinaggio in Inghilterra” mostra come lo stesso discorso sull’ineluttabilità dello sfacelo che di lì a pochi anni avrebbe trovato spazio nel romanzo Austerlitz poteva esprimersi anche senza alcun ricorso alla finzione.

Internazionale, numero 881, 21 gennaio 2011

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