Danilo Dolci, Conversazioni contadine
Il Saggiatore, 244 pagine, 16 euro
Tra il 1961 e il 1962 Danilo Dolci, educatore, operatore sociale e attivista nonviolento si trovava nella Sicilia orientale. Qui, da una decina di anni, cercava di sensibilizzare l’opinione pubblica italiana sulle gravi condizioni in cui viveva la popolazione locale, facendo scioperi della fame contro la pesca di frodo, scioperi “alla rovescia” in cui i disoccupati lavoravano per rimettere in uso strade abbandonate, denunciando mafia e ingiustizia.
Convinto che per cambiare le cose tutti dovevano credere nella necessità del cambiamento, organizzò alcune riunioni con i contadini siciliani in cui discuteva di morale e attualità, sottoponendo questioni come: è giusto rilasciare un certificato falso per aiutare qualcuno a trovare un lavoro? I bambini vanno battezzati? In quali casi si può arrivare ad ammazzare? Se qualcuno viene richiamato per andare in guerra deve andarci? È giusto mandare razzi sulla Luna?
I risultati di queste discussioni sono stati ripubblicati. Leggendoli stupisce la forza di un metodo maieutico difficile da mettere in pratica e che forse per questo oggi sembra completamente abbandonato. Paradossalmente è proprio nelle espressioni dialettali apparentemente lontanissime di quei contadini, che parlano di delitti d’onore, corruzione spicciola e di disonestà quotidiane, che si colgono gli spunti più vicini al tempo che stiamo ancora vivendo.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it