John Banville, Il buon informatore

Guanda, 174 pagine, 15 euro

L’ambizioso scrittore irlandese, autore di ottimi romanzi storico-scientifico-filosofici, si concede delle parentesi scrivendo con lo pseudonimo di Benjamin Black delle sagaci e veloci storie criminali. “Il lemure” (titolo originale di questo romanzo) è il modo in cui Glass, un ex giornalista coraggioso e di talento, chiama un cacciatore di dati al quale chiede aiuto per la stesura della “autobiografia” di suo suocero, un boss delle telecomunicazioni, in una New York affrontata spavaldamente da irlandesi che fanno grandi carriere conservando pesanti radici.

Glass, il protagonista, ha sposato una bella divorziata con un figlio già adulto, ha per amante una pittrice e sa di essersi venduto al mondo dei ricchi. Il lemure è presto ammazzato, ma da chi? “Se in una stanza non sai chi è il gonzo, vuol dire che il gonzo sei tu”, gli ha detto una volta John Huston citando la battuta di un gangster. La scoperta dell’omicida glielo dimostra: Glass non ha capito niente, il gonzo è lui. Questa torbida storia di famiglia è narrata con sapiente rapidità, in una prosa sempre pungente e puntuale, asciutta e sicura. Leggere ogni tanto un romanzo criminale steso da un vero scrittore fa piacere, in mezzo a tanti ciarlieri che ne sfornano di continuo, ma perché non dire che si tratta di un Banville/Black e non di un Banville e basta?

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