Paolo Di Stefano, Giallo D’Avola
Sellerio, 331 pagine, 14 euro
“Un Fu Mattia Pascal dei poveracci”, ne dice l’autore. Nel 1954, nella Sicilia di monte sopra Avola, tra contadini e pastori, vivono le famiglie di due fratelli che si odiano. È l’antica storia di Caino e Abele, ma chi è Caino e chi Abele? Uno di essi scompare e lo si dà per ammazzato dall’altro.
Ne consegue un tremendo errore giudiziario, che l’autore ha studiato in tutti i suoi risvolti e, con pazienza e cercando le parole giuste, ricostruendo i fatti e costruendo un romanzo che è tra i migliori che sia possibile leggere oggi nella nostra copiosa superficiale pretestuosa letteratura di successo.
Di romanzo si tratta, infatti, per la ricchezza e precisione della struttura narrativa e della lingua, e per l’accorta oscillazione tra l’inchiesta (la curiosità, una moderata suspense) e dunque quel tanto di verità che è possibile ricavarne, e l’approfondimento, lo scavo in una realtà sfuggente e in personaggi di brutale ma apparente semplicità. E per i segni che rimandano a un contesto, a un’Italia di prima, durante e dopo il boom, con i suoi ritardi e le sue perseveranze, la lunga durata della sua primaria barbarie.
Con questo libro Paolo Di Stefano, autore di buone prove sia narrative sia giornalistiche (
La catastròfa, sul disastro di Marcinelle) si afferma definitivamente come uno dei nostri migliori scrittori, pienamente cosciente delle responsabilità che uno scrittore deve assumersi.
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