Georgi Gospodinov, Fisica della malinconia
Voland, 336 pagine, 15 euro
All’inizio è “io siamo”, alla fine “io fummo”. Versatile e irrequieto, il bulgaro Gospodinov, 46 anni, è uno dei più interessanti scrittori europei di questi anni, noto in Italia grazie alla Voland (sapendo poco di letteratura bulgara, ci viene di collocarlo nella scia di Jordan Radičkov, autore di racconti forti, fantasiosi e bizzarri).
È uno scrittore libero e curioso, che qui divaga nel mito, nella storia e nel presente, partendo magnificamente con due bellissimi capitoli sul Minotauro (e sull’infanzia) in cui esprime ed elogia una “empatia patologica” con ogni creatura. Anche il resto è di livello, ma – com’è frequente oggi sotto ogni latitudine – la tentazione di filosofare (“l’autunno del mondo”) a partire da un sé ambizioso e però “malinconico” finisce per sovrastare l’invenzione e toglierle vigore.
Tre le direzioni più vive: un benvenuto antiantropocentrismo; un contraddittorio elogio dell’effimero (e cioè del vivere) contro il catalogabile, il collezionabile; ma, insieme, la irrimediabile tentazione del cercare storie, raccogliere storie, raccontare storie. E ovviamente in Bulgaria c’è il passato comunista con cui fare i conti. Echi di Kusturica, di Fellini, di Borges si incrociano e confondono in modo originale e intrigante. È il Minotauro la nostra prima realtà, da cui è molto difficile emanciparsi.
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