Goli Taraghi, La signora melograno
Calabuig, 270 pagine, 14 euro
Una delle cose positive dell’editoria italiana recente è la scoperta delle letterature dette minori, e che spesso non lo sono affatto. Una casa editrice nuova e di belle promesse è Calabuig, milanese. I primi volumi sono l’ambizioso affresco di Mario Levrero (Il romanzo luminoso), sorta di Ulisse montevideano, e dall’Iran, l’antica Persia, i racconti di una scrittrice di una certa età che ci era già nota per Tre donne, tradotta dall’iranista Anna Vanzan, e che si è dedicata al racconto invece che al romanzo ricavandone risultati assai belli.

Queste sette storie sono piene di un sottile e continuo pathos “politico” e di un’ironia affettuosa e partecipe per i destini di umani che ricostruisce, perlopiù borghesi travolti dalla rivoluzione che rovesciò lo scià e impose Khomeini. Taraghi emigrò allora a Parigi ma continua a far la spola con Teheran, raffinando la sua conoscenza del genere umano e dei paradossi della storia nel confronto tra due società. Incontri casuali e “casi della vita” e della storia, spesso bizzarri come in Gentile, ma ladro, o nel racconto dei gemelli. Il più complesso è narrato in Un altro posto e quello più comune nel racconto che dà il titolo alla raccolta e che mi ha ricordato La signora scende a Pompei di Domenico Rea e mi ha ugualmente commosso. Madame Lupo parla di un vicinato francese, meno estroverso e più disperato, dal punto di vista di un’immigrata.

Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2015 a pagina 82 di Internazionale, con il titolo “Dalla Persia all’Iran, via Parigi”. Compra questo numero | Abbonati

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