Jaan Kross, La congiura
Iperborea, 192 pagine, 15 euro
Cosa sappiamo noi dell’Estonia, e in generale del Baltico? Di quei paesi a cavallo tra tedeschi e russi, germanici e slavi, della loro storia tormentata dal loro essere confine, limes, crocevia di popoli e culture? Jaan Kross, grande scrittore estone morto nel 2007 (era nato nel 1920), di cui Garzanti tradusse molti anni fa Il pazzo dello zar, ci aiuta a capirla con romanzi e racconti (tre, in questa raccolta) che insistono, tra tragedia e ironia, sui paradossi di quella parte di mondo “liberata” al tempo della seconda guerra mondiale ora dai nazisti ora dagli stalinisti e amministrata dai loro sostenitori locali in buona o in malafede, tra esili e partenze di massa, tra prigioni e deportazioni.
Dopo un bel racconto lungo quasi d’amore (La ferita) e un secondo (La “grammatica di Stahl”) che narra il ruolo del caso in una fuga per mare, l’ultimo, La congiura, penetra nell’universo carcerario, con una conoscenza che ci fa evocare Šalamov e Solženicyn, e una descrizione minuziosa dei personaggi che lo popolano. Kross trasforma un’esperienza in arte, muovendosi con ferma misura nei meandri di una realtà che sfiora molto spesso l’assurdo. Ed è invece storia. Questo tesissimo approccio a collettive vicende che ignoriamo è accompagnato dall’utilissimo intervento del traduttore Giorgio Pieretto, che sa collocare queste vicende nella realtà di un paese in cui, nel novecento, l’insensatezza ha pervaso ogni realtà.
Questo articolo è stato pubblicato il 6 marzo 2015 a pagina 80 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it