“Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda ci prenderanno come esempio”: commenta così Anneta Kavadia, parlamentare di Syriza mentre partecipa all’euforia di piazza Syntagma, dove migliaia di ateniesi hanno festeggiato tutta la notte. “Abbiamo votato no ma in realtà è un sì al nostro futuro, per un’Europa nuova”.
La fontana al centro della piazza si infiamma di rosso mentre l’onda del no festeggia in uno spettacolo suggestivo di cori, balli tradizionali e bandiere della Grecia. Ai piedi del palazzo del parlamento campeggia lo striscione: “Storia, stiamo arrivando. No al memorandum.” Per gli ateniesi del fronte del no è il momento della fierezza.
“È un evento storico, una grande vittoria del popolo greco contro la politica del ricatto”, commenta Christos Stavrakakis, giornalista di Atene vicino a Syriza. “Un chiaro messaggio per banche, Fondo monetario internazionale, Unione europea e giornalisti”. I mercati in tumulto, la crisi di liquidità, le file ai bancomat e il timore di uscire dall’Europa sembrano essersi dissolti per un attimo nell’euforia generale.
“Gli ultimi giorni sono stati terribili”, racconta Anthony Seferlis, 18 anni, che è andato alle urne per la prima volta. “Ho votato no anche se mio zio, che fa l’operaio in fabbrica, mi ha raccontato che il suo capo lo avrebbe licenziato nel caso il sì non fosse passato”.
La campagna delle tv greche per il sì non sembra aver funzionato. “Le hanno provate tutte”, racconta Katerina Stavroula, giornalista greca per Radiobubble. “Per spaventare i giovani hanno usato perfino l’argomento dell’Erasmus, minacciandone la scomparsa in caso di vittoria del no. Ma era chiaro che non aveva niente a che vedere con il referendum sugli accordi”.
“Ho 31 anni e sono insegnante di asilo, da quando è arrivata la crisi ho perso il lavoro. La vittoria del no mi dà speranza, ma è solo un primo passo”, spiega Evanthia Stefanopolous, attivista di Syriza del circolo di Kerameikos, quartiere di Atene a nordovest dell’Acropoli. “Sappiamo bene che il problema della Grecia è la mancanza di un vero sistema produttivo”.
“Quello dei greci è un fermo rifiuto verso l’austerità, che si è dimostrata fallimentare e ha contribuito all’indebolimento della società”, afferma Asteris Masouras, giornalista greco per Reported.ly. “I greci per la maggior parte rimangono pro-europa, ma il messaggio è che non intendono sottomettersi al totalitarismo e all’annichilimento politico ed economico del paese”.
“Questo voto era decisivo e sono molto fiera del mio paese”, commenta Angelica, un’infermiera ateniese disoccupata ed elettrice di Syriza. “Finalmente facciamo sentire la nostra voce”.
Il referendum ha visto l’affluenza del 62,5 per cento dei greci, circa 6,1 milioni di cittadini. Il referendum ha sfiorato l’affluenza delle ultime elezioni del gennaio 2015, a cui ha votato il 63,3 per cento dei greci. Va detto però che il referendum è stato organizzato in tempi record e che i greci sono obbligati a votare nel seggio dove sono registrati.
Per la Grecia il referendum era un ricordo lontano. L’ultimo fu quello per decidere tra monarchia e repubblica nel 1974, organizzato dopo la caduta del regime dei colonnelli. “Sarà anche per questo che la gente che va a votare ha un’aria così fiera”, racconta Stavroula mentre raggiunge il suo seggio in una scuola di Nea Smyrni, alla periferia sud di Atene.
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