L’attentato al parco giochi più frequentato di Lahore rappresenta finora il più sanguinoso tentativo da parte di un nuovo gruppo fondamentalista islamico di affermarsi come il più agguerrito e violento tra le tante fazioni attive in Pakistan.
L’obiettivo dell’attentato era la comunità cristiana del paese, da tempo nel mirino, secondo un’attendibile rivendicazione da parte di Jamaat-ul-Ahrar, un gruppo fondato circa due anni fa in seguito a una scissione interna al frammentato movimento dei taliban pachistani conosciuto con il nome di Tehrik-i-taliban Pakistan (Ttp),
Tuttavia, quando l’attentatore suicida ha fatto esplodere un ordigno pieno di chiodi vicino a un parco giochi per bambini a Lahore tra le vittime ci sono stati molti musulmani. I responsabili, probabilmente, non se ne preoccupano.
Negli ultimi decenni, diversi leader religiosi estremisti hanno provato a trovare una giustificazione teologica per queste vittime musulmane. Anche se sono contestate dagli islamisti, si tratta di argomentazioni che vengono predicate nelle moschee radicali e si insegnano in molte scuole religiose del paese.
Un nuovo gruppo estremista
Il gruppo Jamaat-ul-Ahrar, come i taliban pachistani in generale, aderisce a una corrente estremista del movimento islamico Deobandi, rigidamente conservatore, che negli ultimi anni ha compiuto gravi incursioni in Pakistan, insieme a scuole coraniche altrettanto intolleranti, influenzate da quelle dei paesi del Golfo, a scapito delle tradizioni locali, caratterizzate da vedute più aperte.
Il gruppo, che nasce in una zona instabile lungo la frontiera con l’Afghanistan, è stato responsabile di una serie di attacchi, spesso contro funzionari del governo o minoranze religiose, e ha dichiarato esplicitamente di essere in guerra contro “uno stato di miscredenti”.
I jihadistidi Jamaat-ul-Ahrar si autorappresentano come “i veri” taliban pachistani e si oppongono ai negoziati voluti dai leader ufficiali del Ttp, in seguito a un attacco contro le loro roccaforti lanciato nel 2014 dall’esercito pachistano.
Quest’ultimo attentato sembra progettato per mandare un chiaro messaggio alle autorità locali. Inoltre l’attacco approfitta della rabbia di molti pachistani per la condanna a morte, lo scorso febbraio, di un uomo che nel 2011 aveva ucciso un politico di primo piano che cercava di proteggere i cristiani.
Il primo marzo, nella città di Rawalpindi, più di centomila persone hanno partecipato ai funerali di Mumtaz Qadri, l’assassino. La polizia in tenuta antisommossa ha usato gas lacrimogeni per disperdere le manifestazioni di protesta contro la condanna a morte di Qadri.
Il Punjab è da tempo il feudo di gruppi jihadisti
L’uomo ucciso da Qadri era il governatore della provincia pachistana del Punjab, che aveva chiesto la grazia per una donna cristiana incarcerata a causa delle severe leggi sulla blasfemia in vigore nel paese. Sembra che Jamaat-ul-Ahrar stia compiendo ogni sforzo per affermarsi nel Punjab, la provincia più ricca e popolosa del Pakistan, che è anche il principale bacino elettorale del primo ministro Nawaz Sharif.
Nel novembre del 2014, il gruppo aveva compiuto un attentato suicida durante una parata militare al valico di confine di Wagah. Il Punjab è da tempo il feudo di gruppi jihadisti che hanno rapporti con i servizi di sicurezza pachistani e normalmente evitano di colpire all’interno del paese.
La presenza di altre reti terroristiche in città (soprattutto quelle legate al Ttp) preoccupa da tempo la polizia e le altre forze di sicurezza di Lahore. “Sappiamo che sono qui, ma non sappiamo perché non abbiano ancora attaccato”, aveva detto nel 2013 un alto funzionario della polizia. Ora l’hanno fatto.
(Traduzione di Alberto Frigo)
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.
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