Abbandonata l’idea di presentarsi a Pechino in pieno vertice Apec e chiedere udienza al governo centrale indaffarato ad accogliere Barack Obama e altri venti leader della regione, gli studenti di Hong Kong provano una via alternativa e altrettanto impervia.
Oggi hanno scritto all’ex governatore della città, Tung Chee-hwa, per chiedergli di organizzare un incontro con le autorità centrali, così come aveva fatto con un gruppo di ricchi imprenditori hongkonghesi a settembre, nei primi giorni delle manifestazioni.
Ormai appurato che il dialogo con il governo locale non porterà a nulla, la federazione degli studenti lo scavalca e tenta un passo più audace. E Pechino, che finora ha evitato la prima linea mandando avanti il governatore Leung Chun-ying e i suoi, come risponderà? C’è da chiedersi se lo farà mai.
La forza dei disobbedienti ancora in piazza, che si dicono pronti a rimanere accampati “anche fino a giugno”, sembra perdere vigore. Sul lungo periodo le loro armi principali – il tempo, la pazienza e la determinazione – senza il sostegno dei “normali cittadini” rischiano di traballare e perdere significato. Mentre la strategia di Pechino/Hong Kong di attendere fino all’esaurimento (dei manifestanti) si sta rivelando vincente.
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