Non so quale sia la parte migliore nel lavoro del grafico editoriale. Mi piace talmente che è difficile scegliere. Ma essere pagato per guardare immagini tutto il giorno è una delle cose più divertenti.

Anche se ho lavorato con alcuni brillanti photo editor, piace anche a me fare le ricerche. Ho appena passato in rassegna centinaia di foto dell’Apollo 11 per un supplemento che celebra lo sbarco sulla Luna.

Poi c’è il rapporto con i fotografi: pianificare e commissionare un servizio, e poi aspettare il momento in cui le foto ti arrivano sulla scrivania (o, come è più probabile di questi tempi, nella posta elettronica).

Un’attrazione speciale per le immagini è un requisito essenziale nel lavoro di un grafico. Ma art director e photo editor non sono curatori di musei. Dobbiamo amare e rispettare le immagini, ma dobbiamo anche farle funzionare.

Riviste e quotidiani raccontano storie. Possono essere storie frivole o serie a seconda del giornale, ma qualunque sia l’argomento è compito nostro raccontarle visivamente.

Perciò selezioniamo, tagliamo, ridimensioniamo, impaginiamo e organizziamo le immagini per comunicare, informare e (si spera) intrattenere. Se ci riusciamo, le foto possono andare oltre le loro qualità intrinseche e diventare parte di un’esperienza più ricca per il lettore. Le immagini sono affascinanti di per sé. Sui giornali, però, non sono un prodotto finito: sono anche loro una materia prima.

*Traduzione di Nazzareno Mataldi.

Internazionale, numero 804, 17 luglio 2009*

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