Una sconfitta drammatica per il Partito democratico, un vero trionfo per il Movimento 5 stelle: è univoco il risultato delle comunali. Era nei conti che l’M5s conquistasse Roma, ma la vittoria a Torino non era altrettanto scontata. Due donne – nella capitale Virginia Raggi, di 37 anni, e a Torino Chiara Appendino, di 32 anni – sono i volti di questo successo su tutta la linea ottenuto dopo una campagna in cui il grande assente è stato Beppe Grillo, che si è affacciato solo a giochi fatti per festeggiare il risultato insieme con Raggi.
Questo fatto da solo dimostra che il movimento antisistema ha messo radici, che non è una banda scalcagnata e un po’ clownesca guidata da un comico sopra le righe che intrattiene i cittadini arrabbiati. Con Raggi e Appendino, ma anche con i suoi Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, l’M5s si presenta come forza seria, e per molti versi anche rassicurante. E che, inoltre, ha saputo battere Matteo Renzi con le sue stesse armi.
Giovane, non logorato, lontano dal palazzo, dalle correnti, dai giochi di potere, pronto a rottamare il vecchio sistema politico, postideologico e quindi in grado di attirare elettori da sinistra e da destra: così si era presentato Renzi, così ha conquistato, nel 2013, prima il Pd e poi, nel 2014, il governo. Sembrava funzionare perfettamente. Alle elezioni europee era stato premiato con il 40,8 per cento dei voti, mentre i cinquestelle si erano fermati al 20 per cento. Aveva stravinto allora, il giovane Renzi, e in quel momento si convinse di essere “l’unica alternativa”, di poter quindi governare senza incontrare grandi ostacoli. I mezzi d’informazione, gli esperti politici nel frattempo discutevano se dopo vent’anni di Berlusconi l’Italia stesse per affrontare un altro ventennio, quello di Renzi.
L’idea di essere estranei al sistema
Volti giovani, non consunti e che sia a Roma sia a Torino al ballottaggio si sono mostrati capaci di attirare anche tanti elettori della destra, mentre i candidati del Pd sono rimasti sostanzialmente fermi: così si presentano Virginia Raggi e Chiara Appendino. Il loro successo dimostra che l’M5s è una vera insidia per il Pd. Mentre negli altri paesi europei i partiti antisistema si presentano ora collocati a destra ora a sinistra, i cinquestelle sono pienamente riusciti a far passare il messaggio di essere estranei a questo schema.
Dal canto suo, Renzi, con le sue riforme, il Jobs act o la Buona scuola, si è guadagnato l’ostilità di una buona fetta del tradizionale elettorato di sinistra senza riuscire ad attirare in modo duraturo voti da destra. E anche il suo presentarsi come uomo del fare tanto deciso quanto ottimista ha perso smalto di fronte ai risultati assai modesti di una ripresa economica che finora non ha dato risultati tangibili per la maggioranza dei cittadini.
Tra meno di quattro mesi il premier dovrà affrontare la prossima – e decisiva – prova, quella del referendum costituzionale. Renzi stesso ha annunciato di volersi ritirare dalla politica in caso di sconfitta. Le elezioni comunali – nelle quali ampi settori dell’elettorato hanno usato le candidature M5s come veicolo per esprimere il loro rifiuto verso il Pd e verso Renzi – non sono di buon auspicio per lui. Già entro pochi mesi il rottamatore rischia di trovarsi rottamato.
Ma anche i trionfatori di domenica ora si trovano esposti a un rischio enorme: quello di dover dimostrare la capacità di governare una realtà complessa e difficilissima come il comune di Roma. Se Raggi e l’M5s dovessero fallire questa prova immane, si screditerebbe anche come potenziale alternativa di governo a livello nazionale.
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