A meno che non abbiate vissuto sotto una pietra negli ultimi anni vi è stato ripetutamente detto, da me compreso, che se volevate essere produttivi, creativi e sani di mente, avevate bisogno di una routine, specialmente mattutina. Sinceramente, anche se avete davvero vissuto sotto una pietra, vi saranno comunque stati inviati alcuni post dei blog di qualche ventenne della Silicon Valley, che a loro volta vivono sotto le pietre, che vi spiegano come emergano dalle suddette pietre non più tardi delle cinque e mezza ogni mattina per fare alcune posizioni di yoga e bere un frullato verde, tenendo poi un diario personale.

“C’è una cosa ancora più difficile che rispettare un regime, ed è il non imporlo agli altri”, ha scritto Marcel Proust, ma di questi tempi praticamente nessuno si sforza di provare a fare la seconda cosa. E, di certo, nessuno sembra trovare il tempo, tra un allungamento yoga e una meditazione della gratitudine, per porsi la domanda proibita: e se non avessi bisogno di una routine, o addirittura stessi meglio senza?

Si tratta, naturalmente, di una questione di equilibrio. Le routine sono una cosa buona. È facile rendere una cosa un’abitudine se la si pianifica in anticipo e la si esegue quotidianamente. Inoltre esiste il (controverso) fenomeno della “fatica da decisione”, che implica il “routinizzare” quante più scelte possibile, come il momento in cui alzarsi o il cosa fare come prima cosa ogni giorno, per conservare energia per le altre cose. Alcune persone sono così disorganizzate che una rigida routine diventa un’ancora di salvezza.

Molte persone trarrebbero beneficio dallo sforzarsi di controllare di meno la propria giornata

Ma in quanto persona che sta guarendo da un sistema di organizzazione troppo rigido, fidatevi di me: se ogni giorno cliccate esaltati su ogni nuovo articolo che promette la perfetta routine mattutina, quasi sicuramente non siete una di queste persone. Appartenete a un’altra categoria: le persone che trarrebbero beneficio dallo sforzarsi di controllare di meno la propria giornata, rispondendo in maniera un po’ più istintiva ai bisogni del momento. Questo principio di auto-aiuto potrebbe essere definito la legge del consiglio non gradito: se vi piace l’idea di adottare una nuova tecnica, è probabile che sarà il contrario di quello di cui avete bisogno.

Questa prospettiva è corroborata da un nuovo studio sulle abitudini di scrittura degli accademici, effettuato dallo studio di consulenza Prolifiko. Secondo quanti dispensano consigli su come scrivere, ogni giorno dovreste scrivere qualcosa in cui credete profondamente, ma secondo un sondaggio effettuato su circa seicento accademici la cosa non ha portato a una maggiore produttività (funziona meglio il “timeboxing”, ovvero programmare porzioni di scrittura in anticipo, ma non necessariamente ogni giorno). Uno dei motivi potrebbe essere la trappola che risiede in ogni rigida routine: quando non sarete in grado di rispettarla, come accadrà spesso proprio per questa sua rigidità, la vostra motivazione crollerà, determinando una minore produttività di quella che avreste ottenuto seguendo un sistema più permissivo.

Il mio attuale approccio, perché evidentemente anche durante la convalescenza non riesco a resiste all’impulso di fare proclami entusiasti sulla mia routine, è un compromesso. C’è una manciata di cose che voglio fare prima di mettermi al lavoro (tra le quali ci sono, purtroppo, il tenere un diario e fare meditazione) e anche quando comincio a lavorare (la più importante delle quali è scrivere come prima cosa, per tre o quattro ore). Ma ho smesso di assegnare un tempo a ciascuna di queste attività, perché i lattanti modificano deliberatamente le loro abitudini di sonno per mandare a monte simili piani.

Questo metodo – più che una routine, un ordine di marcia – per ora funziona. Tra non molto, immagino, non funzionerà più. Cambiare la mia routine sta cominciando a diventare una routine.

Da leggere

Outside lies magic (La magia è là fuori) di John Stilgoe è una guida per esplorare la natura senza un piano o un obiettivo, e che prova a far assumere questo approccio nei confronti della vita.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.

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