Nonostante la forte astensione (intorno al 50 per cento), il secondo turno delle amministrative che si è svolto l’8 giugno sarà ricordato come la “rivincita” del Movimento 5 stelle, che ha conquistato Livorno (160mila abitanti), la città dove Antonio Gramsci ha fondato il Partito comunista italiano nel 1921, e Civitavecchia (52mila abitanti), vera e propria “capitale della noia” per Stendhal che vi fu console francese.

Mentre il leader del Movimento 5 stelle incontrava Nigel Farage, capo del partito eurofobo britannico Ukip, Filippo Nogarin, il suo candidato a Livorno che aveva raccolto solo il 19 per cento dei voti al primo turno il 25 maggio, si alleava con la sinistra radicale e diversi movimenti sociali, con l’approvazione di una parte della destra. In questo modo è riuscito a strappare il grande porto toscano alla sinistra che lo guidava – sotto le diverse etichette Pci, Ds, Pd – senza interruzione da 68 anni.

Questa vittoria, che porta a tre (con Parma e Ragusa) il numero di capoluoghi di provincia guidati dall’M5s, sottolinea il progressivo allontanamento di Beppe Grillo dalla sua base, più a sinistra e più radicale di lui. Nogarin ha 43 anni ed è ingegnere aerospaziale. A Civitavecchia il nuovo sindaco, Antonio Cozzolino, ha 37 anni e anche lui è ingegnere, ma in campo informatico.

I limiti dell’effetto Renzi. Anche se il Partito democratico ha ottenuto 19 dei 28 capoluoghi in cui si è votato, oltre a Livorno ha perso Perugia (in favore del centrodestra), Padova (passata a una coalizione tra la destra e la Lega nord) e Potenza (dove ha vinto un’alleanza guidata dai postfascisti di Fratelli d’Italia). In queste città i candidati del Pd venivano dalla vecchia guardia del partito.

Pur non potendo essere considerato direttamente responsabile di questi fallimenti, Matteo Renzi non può però considerarli come semplici “incidenti”. A quanto pare la “rottamazione” che aveva chiesto non è arrivata fino a Livorno, dove il Pd ha presentato un candidato ben noto a militanti ed elettori e dove, alle europee, ha preso più del 50 per cento dei voti. A Pavia invece, dove ha candidato un “uomo nuovo”, la formazione di centrosinistra ha battuto il sindaco uscente, presentato come il “Renzi della destra”.

La vittoria della Lega a Padova non è solo merito del suo candidato, il senatore Massimo Bitonci. Formando un’alleanza con Forza Italia e con altre cinque liste di destra, il partito – che per qualche tempo è stato tentato di presentarsi da solo – è tornato alla sua strategia storica, che in passato gli ha permesso di conquistare centinaia di città, due regioni e importanti posti nel governo.

Al contrario, presentandosi senza il sostegno della Lega, il candidato di Forza Italia a Pavia ha perso. Come nel caso del Movimento 5 stelle, questa tendenza ha conseguenze importanti, e la Lega, mentre si allea con il Front national a Bruxelles, riesce a imporsi a livello locale con la destra cosiddetta “moderata”. Un fenomeno che merita ulteriori approfondimenti.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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