Lo ha riconosciuto lo stesso Matteo Renzi giovedì 6 novembre. Il patto tra lui e Silvio Berlusconi “scricchiola”. Anche se ufficialmente sono avversari politici, i due sono legati da un patto per portare a termine le riforme istituzionali (legge elettorale e fine del bicameralismo perfetto). Tuttavia nel corso di un pranzo il 5 novembre i due leader non sono riusciti a trovare un accordo sulle regole del gioco in caso di nuove elezioni. Votata in prima lettura alla camera dei deputati in marzo, la nuova legge elettorale chiamata Italicum prevede uno scrutinio a due turni con un premio di maggioranza per la coalizione arrivata prima.
Ma da allora le cose sono cambiate. Il Partito democratico (Pd), grande vincitore delle europee in maggio (con il 41 per cento), è in testa ai sondaggi, mentre Forza Italia è in calo. Ora il presidente del consiglio propone che il premio di maggioranza ricompensi il partito che ottiene più del 40 per cento dei voti, un risultato che il Pd può teoricamente ottenere, e una soglia di sbarramento del 5 per cento. Il vantaggio per Renzi è evidente: questa modifica gli permetterebbe di bloccare in modo definitivo i “ribelli” a sinistra, che potrebbero avere la tentazione di creare un loro partito.
Dopo essere stato in un primo tempo attratto da questa soluzione, ora l’ex Cavaliere sembra molto più reticente e sospetta che Renzi voglia provocare delle elezioni anticipate non appena sarà approvata la nuova legge. Con il 15 per cento nei sondaggi, Forza Italia non è neanche sicura di arrivare all’eventuale secondo turno. Al contrario, con un premio di maggioranza accordato alla coalizione Berlusconi può sempre sperare nella possibilità ormai remota di tirare dalla sua parte la Lega Nord, la destra nazionalista e quello che rimane dei centristi. Una soluzione che ha funzionato molto bene in passato.
Ma Renzi ha fretta. Anche se gli italiani hanno ancora pazienza e fiducia nei confronti del presidente del consiglio, vuole realizzare almeno una riforma (ne aveva promessa una al mese) prima della fine dell’anno. Così si è rivolto al Movimento 5 stelle, che secondo i sondaggi è ancora al 20 per cento. Il 9 novembre le due formazioni si sono alleate per far eleggere due membri, indicati dal parlamento, alla corte costituzionale e al Consiglio superiore della magistratura. È la prima volta che i parlamentari del partito di Beppe Grillo si prestano a un accordo del genere con il Pd.
È un primo passo verso un’altra possibile intesa sulla legge elettorale? È ancora troppo presto per dirlo. Ma per il capo del governo le due alternative sono ben poco attraenti: tra un avversario (Berlusconi) che non ha mai rispettato un patto, e un altro (Grillo) del tutto imprevedibile, Renzi si trova a dover scegliere, stretto tra l’incudine e il martello.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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