1. Focus, Hocus pocus

Scrivi il tuo passato: il pezzo glorioso che si ascolta in sottofondo mentre Rooney e Ronaldo ondeggiano tra trionfo e miseria nello spot mundial di Alex González Iñárritu risale al 1970, ed è opera della band olandese con a capo il pianista/flautista Thijs van Leer, che mostra i muscoli e ondeggia tra yodel, falsetti, vocalizzi da conservatorio. Un rondò progressive che spacca come il calcio totale dell’Olanda di quegli anni; e in effetti, a cercare il pezzo su YouTube si trova una band con le facce da Neeskens e Cruyff, e la stessa spavalderia da sfondamento.

2. Curumin, Caixa preta

Il Brasile, che parte sempre favorito, produce fenomeni a ritmo continuo: Luciano Nakata Albuquerque, oriundo ispano/nipponico cresciuto a São Paulo. I suoi palleggi sonori spaziano dal samba al drum’n’bass britannico, passando per fraseggi prog di trent’anni fa, poesia da ballare e bordate di big beats alla Dj Shadow. Una feijoada di stili, per fortuna abbastanza ben digeriti da permettergli di galoppare sulla fascia del pop globalizzato, alla ricerca di un gollonzo o anche solo di qualche applauso per il suo evidente piacere di piacere.

3. The Parlotones, Stardust galaxy

Sudafricani che più bianchi non si può: quattro ragazzotti di Johannesburg, con tante seratine in locali di terz’ordine nelle gambe, stanno travolgendo le chart del paese ospitante dei Mondiali con un rock pulito e garbato, e avanza per inni a misura di stadio, di ottima fattura e facile ascolto. Stardust galaxy è il pezzo che dà il titolo al loro ultimo album e l’unico in cui incontrano una voce nera: quella di Zohani Mahola, dei Freshlyground, una band afro-fusion di Città del Capo. E danno vita a una ballata da display acceso, e da vuvuzelas finalmente zittite.

Internazionale, numero 851, 18 giugno 2010

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it