1. The Shins, A simple song

Ah, James Mercer e la sua squisitezza di band/brand. A cinque anni da Wincing the night away, ancora rock come ricorrente sogno americano, solare e californiano ma con l’anima in tristezze dolci e arrangiamenti caldi, dai Beach Boys ai Chicago. Un tv color fermo al 1983 e le barbe come costumi d’epoca. Buona news del 2012: Port of Morrow, che segna l’approdo sicuro a una major, è altrettanto bello, ma senza tentennamenti, tutto di pezzi che colano, da portarseli in una cabriolet su un oceano pacifico qualunque purché in controluce.

2. Jay Brannan, The spanglish song

Un texano gay con la chitarra che spezza le strofe inglesi della sua canzone con un anelante refrain in spagnolo (“yo quiero hacer el amor contigo / quieres casarte conmigo”). Tirata per i capelli? Ragazzi, è un usignolo, e svolazza da qualche parte tra Rufus Wainwright, Joni Mitchell, e basta nomi (John Grant, Tracy Chapman), sa scrivere parole e toccare cuori da solo. I più sgamati l’hanno già incontrato su YouTube o sullo Shortbus di John Cameron Mitchell; ma va benissimo anche saltare a bordo di Rob me blind, il nuovo album, in beata ignoranza.

3. Grimoon, Tango de guerre

Avere una nonna normanna, usarne le memorie per una cupa ballata in tre quarti: la francese Solenn Le Marchand e la sua band (fondata con Alberto Stevanato) guardano controvento: usano il cantante dei tenebrosi californiani Black Heart Procession come direttore artistico. Le déserteur è l’album che fa vedere di cos’è capace una band italiana: come una legione straniera fatta di cose d’altri tempi, di maschere prog e suite psych-folk fatte con i synth e i violini. Senza indulgenze, con uno spirito austero da costa atlantica spazzata da venti e fantasmi.

Internazionale, numero 942, 30 marzo 2012

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