1. Iacampo, Gli inverni non mi cambieranno più

“Le mie poesie / tutte in metrica / sono follie / dimentica”. Essenziale e carezzevole, quasi tutto acustico, chitarra e voce e archi che a tratti si spostano sullo sfondo come nuvole; e canzoni con l’anima e misteri da non svelare mai del tutto. Che bellezza questo Valetudo, album da trascorrerci l’inverno sognando fuochi e foreste e folate di folk italico e foglie morte di Nick Drake. Marco Iacampo, che prima si faceva chiamare Goodmorningboy, è diventato un autore da tartufo, capace di estrarre emozioni dal terriccio.

2. Tre allegri ragazzi morti, Come mi guardi tu

Curiosa notazione a margine del pezzo che apre Nel giardino dei fantasmi, ultimo lavoro di questi tre bravi primitivi venuti dal futuro del nordest italico: “A Pordenone c’è la più numerosa comunità tuareg d’Italia”. Che ci facciano lì non è dato sapere, ma è interessante che sia una cover band dei Tinariwen a influenzare il pezzo che apre l’album, quasi una versione di Love me do rinvenuta da Luke Skywalker tra i ruderi di Tatouine. Così come l’album vibra di un beat mutante, che mixa Caraibi sixties radici afroamericane e italo-pop.

3. Bob Corn & Matteo Uggeri, You the rainbow

Cd con copertina in cartoncino grezzo timbrata e assemblata a mano: Matteo Uggeri s’ammazza di fatica sul lato artigianale delle cose, e quindi l’artwork dell’album Fields of corn risponde al rustico vagabondare delle musiche che ha registrato insieme a Tiziano Sgarbi alias Bob Corn, girando con chitarre e microfoni binaurali, cogliendo chiacchiere, suoni della natura (giocando sulle registrazioni sul campo) e ballate un po’ alla Bonnie “Prince” Billy, in un mondo antico di amicizie che si stringono con la faccia e senza il libro.

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