1. Mannarino, Al monte

Incrociare il potere e l’amore, attraversare le città derelitte. Cercare una donna e accomiatarsene, partire, un po’ morire e trovare un nuovo punto d’osservazione. Che uno strimpella e si cava d’impiccio come un fool on the hill ma con una bella canzone italiana. Al monte, album ascensionale del trentacinquenne ex frequentatore di suburre, può anche sembrare un gesto di hubris, ma ha il cuore e le corde di spaghettata, un calore che manca a quei capoccioni tipo Capossela, o tutto Tom Waits dopo Rain dogs. Canzoni che tengono la cottura.

2. Zombie Orchestra, Carovana blu

Quello che vedi nei western romagnoli non è sangue, è solo ragù. La strana fisarmonica imbracciata come un fucile semiautomatico misto pianoforte da bordello è un “bercandeòn”. E Kit Carson può finire con calma la sua bistecca alta tre dita e sepolta sotto una montagna di patatine fritte, e poi ancora trovare una mazurca da ballare e due gambe da incrociare. C’era una volta in Romagna è un album così, Casadei con il Wurlitzer, il liscio con il motore truccato, e un poco di sorridenti riti tribali del popolo di Finale Emilia.

3. Confusional Quartet, Cometa rossa

Non dissimile dalle hit postume di Michael Jackson l’operazione fatta con l’inarrivabile voce di Demetrio Stratos, scomparso 35 anni fa a giugno. I Confusional Quartet, band new wave che resiste nel tempo, su suoi inediti appoggia una serie di sigle per le pubblicità progresso di Tele­kabul. E funziona: i vocalizzi i versacci le nenie le trance del grande riorganizzati su linee reazionaliste, vanno sempre bene. Tributo a Demetrio, l’album, ci voleva, fa media con i completini di Maria Elena Boschi. Sinistro ma anche iconico.

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