1. Captain Planet, Body Yako (feat. Kongo Elektro & Thornato)
Come un fondale per Zoom di tropicalia vacanziera, fiori e ananassi, l’album No visa è una rivista ballabile dei setting esotici che ci perderemo quest’estate, e incrocia sound, ritmi e talenti di mezzo mondo: vocalismi sudafricani e balafon subsahariani su afrobeat al sapore di Senegal, cadenze giamaicane e trance panarabica, ritmi salseri afrocubani e baile funk brasileiro. Dopodiché: regge le fila lui, il producer newyorchese Charlie Wilder, maschio bianco; ma questo global ballo è per feste pensanti.
2. Addict Ameba, Les Italiens
Se Mulatu Astatke, il padrino del jazz etiope, transitasse dal Casoretto, scoprirebbe di aver già conquistato questo quartiere multiculti del Nord-est milanese (meno scontato di Nolo, che tende a tirarsela, e quindi più interessante): tra il Birrificio di Lambrate e il caffè Porpora confluiscono jazz meticcio, tambores salvadoregni, djembè spagnoli e chitarre tuareg all’italiana, a formare un supergruppetto per notti live di ballo e fratellanza. Risultato, in arrivo: l’album Panamor, azzeccato titolo per una colonizzazione realizzata senza battaglioni eritrei.
3. Panaemiliana, Indifférence
Chi ricorda Tony Murena, nato nel parmense e finito in Francia bambino per diventare fisarmonicista virtuoso, un Ur-Casadei per saldare la musette francese da bistrot al neolatino tango e al jazz postbellico? Di certo la Panaemiliana, band nata a Bologna intorno a due chitarristi, Davide Angelica e Paolo Prosperini, e un’idea (e l’omonimo, primo album): la carretera che congiunge valzer e bolero, euro cultura e choro do Brazil, finezze da camera e percussioni da favela. La loro cover sgangherata del pezzo killer di Murena è una buona tappa.
Questo articolo è uscito sul numero 1364 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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