Gli abitanti dell’est della Repubblica Democratica del Congo hanno due nemici: uno è invisibile, l’altro è assolutamente umano ed entrambi uccidono. Ma in questa zona senza sbocchi del continente africano si muore anche a causa della confusione politica che crea falsi nemici, veri e falsi complotti e lunghi anni di negligenza e assenza dello stato.

Il primo nemico, invisibile, è il virus ebola, uno dei più devastanti al mondo, che ha già provocato la morte di 2.200 persone. L’epidemia dura ormai da 18 mesi. A luglio l’Organizzazione mondiale della sanità ha decretato un’emergenza medica internazionale nel timore di un contagio nei paesi vicini.

Come se non bastasse, i centri di assistenza sanitaria che combattono l’epidemia sono il bersaglio dei gruppi armati, ovvero il secondo attore della tragedia. In settimana i guerriglieri hanno ucciso tre persone che facevano parte del personale medico.

Nella provincia del Nord Kivu, altri gruppi armati seminano il terrore e hanno ucciso circa un centinaio di persone in tre settimane. La popolazione, esasperata, se la prende con i caschi blu dell’Onu, accusati di passività.

La legge è legge

La regione è una delle più instabili al mondo. La pace manca ormai da trent’anni, dall’inizio di una guerra civile che ha provocato centinaia di migliaia di vittime. Nel frattempo nella lontana capitale Kinshasa abbondano gli intrighi di palazzo, mentre il paese patisce ogni genere di sofferenza.

La popolazione congolese paga le conseguenze di decenni di regimi disastrosi e di inefficacia della comunità internazionale

In questa assenza dello stato è facile creare confusione. Nelle zone colpite dall’ebola i ribelli accusano il governo di aver inventato la malattia per fiaccare l’opposizione. Gli attacchi contro i centri di assistenza sanitaria, circa trecento dall’inizio dell’anno, compromettono gli sforzi umanitari in un momento in cui sono state messe a punto nuove terapie e sono stati fatti grandi passi avanti verso una cura.

Più a sud, altre voci incontrollabili accusano le forze dell’Onu di essere complici dei miliziani che seminano il terrore. Gli osservatori di France24, che verificano le informazioni dei social network, riferiscono di foto pubblicate su Facebook e WhatsApp per dimostrare i legami tra i ribelli e la missione Monusco delle Nazioni Unite. Risultato: una base Monusco è stata distrutta dalla popolazione e sette manifestanti hanno perso la vita.

Lo stato maggiore della Monusco ha dichiarato in un comunicato di “comprendere la frustrazione e la collera” della popolazione che subisce massacri senza fine. Ma purtroppo il mandato dell’Onu è limitato, e il governo congolese ha riconosciuto di essere responsabile per la sicurezza.

La popolazione congolese paga le conseguenze di decenni di regimi disastrosi, meccanismi regionali malsani e avidità dei signori della guerra, ma anche la colpa di una comunità internazionale che spende un miliardo di dollari l’anno per i caschi blu senza riuscire a fare la differenza.

Il male peggiore, però, è un altro, come ha sottolineato la conferenza dei vescovi cattolici chiedendo di “ripristinare l’autorità dello stato per salvare questa parte del paese dal caos”. È il nodo del problema, ancora lontano dall’essere sciolto.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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