In epoca sovietica la decifrazione dei misteri del Cremlino si chiamava “cremlinologia”. Oggi questa scienza si è ridotta allo studio di un singolo uomo, e si chiama “putinologia”. Il 15 gennaio tutti i “putinologi” del mondo erano in fibrillazione per cercare di comprendere il grande cambiamento annunciato in mattinata dal padrone del Cremlino, Vladimir Putin.
Il presidente russo, in un modo o nell’altro al potere ormai da vent’anni, ha annunciato un’imminente riforma della costituzione che limiterà le prerogative del presidente a beneficio del parlamento, insieme a un cambiamento a sorpresa del primo ministro.
Il fedele Dmitri Medvedev, con cui Putin si era scambiato il ruolo tra il 2008 e il 2012 per rispettare i dettami della costituzione russa, è stato ringraziato senza troppi convenevoli e sostituito da uno sconosciuto agli occhi della stragrande maggioranza dei russi: il direttore dell’agenzia delle entrate Michail Mišustin. Si tratta, evidentemente, di un tecnocrate che non può essere considerato un successore di Putin.
Struttura su misura
È importante ricordare il contesto: Putin è stato rieletto nel 2018 e il suo mandato scadrà solo nel 2024. Sarà l’ultimo, perché la costituzione esclude che si possano ottenere più di due mandati consecutivi. Nel 2024, tra l’altro, il presidente russo avrà 72 anni.
Sarà l’età giusta per andare in pensione? Alcuni credono che sia così e preparano il dopo Putin, che senza dubbio darà luogo a una disputa accesa. Ma se gli annunci hanno un senso, questo è che Putin non intende allontanarsi troppo dal potere nemmeno nel 2024. Al contrario, probabilmente si prepara a costruire una struttura costituzionale fatta su misura per lui. Ma con che forma? Per il momento non lo sappiamo.
L’orizzonte politico, in ogni caso, resterà pressoché immutato. In vista non c’è alcuna apertura liberale
Nella sua riforma costituzionale Putin concede una maggiore importanza a un consiglio di stato che in futuro potrebbe diventare lo strumento della sua influenza. Ma non bisogna dimenticare il consiglio di sicurezza della Russia, di cui Putin è presidente e al quale ha appena nominato Medvedev vicepresidente. L’avvicendamento, comunque, è ancora lontano, e Putin avrà tutto il tempo per rifinire la transizione.
L’orizzonte politico, in ogni caso, resterà pressoché immutato. In vista non c’è alcuna apertura liberale, anche se Putin vorrebbe una maggiore efficacia nella gestione economica.
Il discorso marziale pronunciato da Putin il 15 gennaio davanti al parlamento ha un tono chiaro: il presidente ha elencato i progressi degli armamenti russi, sottolineando che per una volta non inseguono gli altri ma corrono in testa.
Putin si fida solo di se stesso per guidare la politica di riconquista delle posizioni internazionali della Russia, all’interno dell’ex blocco comunista e oltre, come in Medio Oriente e in Africa.
Il presidente ha cominciato a promuovere una nuova generazione di quadri che non hanno conosciuto l’epoca sovietica e sono formati a sua immagine e somiglianza. Secondo il think tank europeo Ecfr “questi cambiamenti significano che l’occidente dovrà abbandonare la speranza che possa ritornare l’ottimismo degli anni novanta una volta uscito di scena Putin”.
Il rischio, concreto, è che dopo Putin ci sarà altro Putin, con o senza Putin.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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