Si voterà anche in piena epidemia… Il 15 aprile la Corea del Sud andrà alle urne per le legislative, in un momento in cui le misure di distanziamento sociale sono ancora in vigore nonostante il virus sembri abbastanza sotto controllo. Il fatto che Seoul abbia organizzato queste elezioni può essere un esempio per tutti, ed è legato al modo in cui il paese è stato capace di evitare il tracollo dopo essere stato il primo a essere colpito dall’epidemia partita dalla Cina.

Dopo aver vietato i comizi e le manifestazioni elettorali, il governo ha fatto il possibile per garantire la sicurezza dei 44 milioni di elettori e del personale che deve gestire i 14mila seggi elettorali.

Un periodo dedicato al voto per corrispondenza e due giorni di votazioni anticipate (il 10 e l’11 aprile) hanno già permesso a un terzo degli elettori di depositare la scheda elettorale, un record per questa modalità di voto scaglionata, prudentemente introdotta nel 2013.

Virus domato
Il 15 aprile sarà il grande giorno. Il personale dei seggi sarà protetto dalla testa ai piedi e una serie di contrassegni sul pavimento eviterà che le file siano troppo fitte. Gli elettori saranno sottoposti al controllo della temperatura corporea, mentre le cabine elettorali saranno sanificate a ciclo continuo. I seggi elettorali saranno allestiti anche nei centri specializzati nella cura del covid-19, dove si trovano ancora 3.200 pazienti. Inoltre, dettaglio non trascurabile, le migliaia di persone ancora in quarantena in casa potranno comunque votare in alcune ore della giornata, assistite da volontari. Evidentemente sono stati presi provvedimenti eccezionali pur di andare al voto malgrado le difficili circostanze.

È innegabile che esista un “modello” sudcoreano, fatto di analisi a tappeto, isolamento e tecnologia di tracciamento

Ma perché non rinviare le elezioni? Il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha valutato questa possibilità, ma alla fine ha preferito dimostrare che l’epidemia non impedisce il buon funzionamento della democrazia coreana. Un tempo la Corea del Sud era una dittatura, ma oggi la sua giovane democrazia è particolarmente vivace sotto lo sguardo vigile della società civile. Ricordiamo ancora le manifestazioni di massa che hanno portato alla destituzione della presidente Park nel 2017, a causa di uno scandalo di corruzione.

Lo stesso rigore ha permesso alla Corea del Sud di “domare” il virus dopo l’esplosione del numero di casi a febbraio. In totale sono stati accertati circa diecimila contagiati e 217 decessi. Oggi i nuovi casi sono cinquanta al giorno, contro gli ottocento di due mesi fa. È innegabile che esista un “modello” sudcoreano, fatto di analisi a tappeto, isolamento e tecnologia di tracciamento. Questo sistema ha sicuramente dimostrato la propria validità, senza mai compromettere le libertà dei cittadini.

Il successo nella lotta contro l’epidemia regala al presidente Moon una grande popolarità a metà del mandato, e dovrebbe permettere al suo partito democratico di aggiudicarsi questo scrutinio (contro ogni aspettativa) di fronte a una destra troppo “trumpiana” che non ha più argomenti.

La Corea del Sud ha stupito il mondo con la sua gestione dell’emergenza, soprattutto considerando che si trova in prossimità della Cina e del suo sistema autoritario. Il 15 aprile capiremo se gli elettori sudcoreani, malgrado la minaccia, si presenteranno alle urne per difendere il loro modello.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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