La possibilità di chiedere un risarcimento a Pechino per la pandemia, sventolata come un drappo rosso in occidente, suscita la collera della Cina, ed è talmente ideologica che è difficile affrontarla con distacco.
Il 27 aprile Donald Trump ha minacciato di presentare alla Cina il conto del covid-19, annunciando che sarà estremamente salato: “Parliamo di una grossa somma”. Nel frattempo lo stato del Missouri si è già costituito parte civile per perseguire il governo di Pechino e chiedere un indennizzo per i danni causati dalla pandemia.
In Germania il quotidiano scandalistico Bild ha stimato in 165 miliardi di dollari l’ammontare della somma dovuta alla sola nazione tedesca per le perdite legate al virus. Il governo di Berlino, però, appare molto più prudente.
Politica e legge
La vicenda solleva due interrogativi. È legittimo chiedere un risarcimento al paese da cui è cominciata la pandemia? È legalmente possibile esigere questo genere di indennizzo da uno stato? Sono due domande distinte, la prima di natura politica e la seconda di natura legale.
Naturalmente è inconsueto chiedere un risarcimento per un evento che nessuno, malgrado tutte le polemiche, ritiene legato a un atto voluto. Quale che sia l’origine del virus – un mercato di animali o un incidente di laboratorio – il Sars-cov-2 non è un’arma biologica, ma un patogeno naturale. Inoltre è difficile trovare precedenti storici, anche perché quello che stiamo vivendo con il blocco del mondo intero è un caso assolutamente inedito.
Quello di Trump è chiaramente un tentativo di distogliere l’attenzione dai propri fallimenti
Al contempo è perfettamente legittimo chiedere alla Cina la massima trasparenza riguardo all’origine del virus e alle prime settimane dell’epidemia, prima della reazione delle autorità cinesi. Tuttavia Pechino mantiene una posizione indifendibile, sostenendo di non aver nascosto nulla e di aver gestito il caso in maniera esemplare. Evidentemente non è un’affermazione credibile.
Trump non è il solo a chiedere chiarimenti alla Cina. Anche Emmanuel Macron e Angela Merkel si sono interrogati sulle “zone d’ombra” della faccenda. Il governo australiano chiede addirittura l’apertura di un’inchiesta internazionale, che però appare inverosimile considerando che la Cina ha diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
La richiesta di un risarcimento, tra l’altro, rischia di scoperchiare il vaso di Pandora e produrre innumerevoli procedimenti simili, senza un adeguato quadro giuridico internazionale che permetta di portarli avanti.
La questione, però, è soprattutto politica. Quello di Trump è chiaramente un tentativo di distogliere l’attenzione dai propri fallimenti nella gestione della pandemia, oltre che di compiere un nuovo passo verso la guerra fredda che sta cercando di scatenare contro Pechino.
Di sicuro l’idea di dividere ulteriormente il mondo e attizzare il nazionalismo cinese è poco lungimirante, soprattutto nel mezzo di una pandemia e di una crisi economica devastante.
Resta il fatto che questa epidemia partita dalla Cina evidenzia il problema della fiducia in un mondo globalizzato. Quando arriverà il momento dei bilanci bisognerà chiedere spiegazioni a Pechino, com’è legittimo fare con un membro della comunità internazionale che non rispetta le regole del gioco.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it