I primi passi di Joe Biden nel rapporto con Pechino
Le grandi manovre sono cominciate: a due mesi dall’insediamento, Joe Biden si prepara ad affrontare il tema che ritiene più importante in politica estera, i rapporti con la Cina.
Il 12 marzo il presidente degli Stati Uniti parteciperà a un vertice in videoconferenza, il primo dal 20 gennaio, con i leader di quello che viene chiamato Quad, ovvero Stati Uniti, Australia, India e Giappone. Questa struttura informale è stata creata nel 2007 e finora ha vissuto fasi alterne.
Oggi le quattro potenze della zona indo-pacifica condividono i problemi nei rapporti con Pechino. L’India, in passato la più reticente a far parte di un’alleanza diretta contro la Cina, non ha più dubbi dopo gli incidenti alla frontiera dell’estate scorsa e dopo che un attacco informatico cinese ha privato della corrente elettrica i venti milioni di abitanti di Mumbai.
Tentativo di concertazione
Biden sonderà l’umore degli altri tre paesi nel quadro della ridefinizione della sua politica cinese. Al contempo il segretario di stato e quello della difesa si preparano a partire per la Corea del Sud e per il Giappone, dove l’argomento di discussione sarà sempre la Cina. Si tratta del primo viaggio all’estero per entrambi, nel segno della priorità asiatica dell’amministrazione.
Ciò che è cambiato rispetto all’epoca di Donald Trump è questo tentativo di concertazione, laddove Trump agiva da solo in nome di un’America unilaterale. Biden ha mantenuto la politica della deterrenza rispetto alla Cina, per riprendere una formula risalente alla guerra fredda, ma intende affidarsi alle alleanze.
L’incontro in Alaska permetterà di capire se esistono le condizioni di un dialogo in vari ambiti
Le concertazioni precedono il primo contatto ufficiale tra Stati Uniti e Cina, fatta eccezione per una conversazione telefonica tra Xi Jinping e Joe Biden dopo la transizione. Il contatto diretto dovrebbe avvenire il 18 marzo in Alaska, a metà strada tra le due capitali, con la partecipazione del segretario di stato americano Anthony Blinken, mentre sul fronte cinese saranno presenti Wang Yi e Yang Jiechi, due dei più alti funzionari cinesi nel campo dei rapporti internazionali.
Sarà un momento chiave che potrebbe determinare il tono dei rapporti sino-statunitensi nei prossimi anni. L’incontro permetterà di capire se esistono o meno le condizioni di un dialogo in vari ambiti, dall’economia ai diritti umani passando per le questioni strategiche.
Le dichiarazioni pubbliche, da una parte e dall’altra, sono molto dure. Anthony Blinken ha parlato di “genocidio” a proposito degli uiguri, mentre il capo della flotta navale statunitense nella zona indo-pacifica, l’ammiraglio Davidson, ha criticato in settimana la “postura aggressiva” dell’esercito cinese nella regione. Sul fronte di Pechino, il capo della diplomazia Wang Yi non ha misurato le parole a margine della sessione parlamentare, mentre i militari si dicono pronti a raccogliere qualsiasi sfida possa arrivare dagli Stati Uniti.
La faccenda è piuttosto delicata per Biden, e si pone in termini diversi rispetto alla guerra fredda con l’Unione Sovietica. La Cina, infatti, è al contempo una partner economica importante e una rivale strategica. Come gestire questo rapporto complesso senza rischiare una guerra che nessuno vuole? Coltivando le alleanze, Biden vuole cambiare i rapporti di forza in proprio favore, anche a rischio di dividere a lungo termine l’Asia in blocchi ostili tra loro.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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